Lo scorso 20 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare il decreto legislativo denominato “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, attuativo della delega contenuta all’art. 18 della Legge 7 agosto 2015, n. 124 “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (la c.d. Riforma Madia della PA).
Prima dell’emanazione da parte del Presidente della Repubblica il decreto legislativo dovrà completare l’intero iter di approvazione ed entrerà in vigore solo dopo che saranno trascorsi 15 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il testo del decreto uscito dal Consiglio dei Ministri rappresenta nel complesso un buon lavoro, che potrà sicuramente contribuire a ridurre il numero complessivo delle società partecipate dalle Amministrazioni pubbliche, stimolando l’aggregazione di quelle di minori dimensioni e contribuendo concretamente a rendere più razionale ed efficiente l’intero sistema.
L’ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni contenute nel decreto è rappresentato dalle società previste al titolo V del libro V del Codice Civile, che sono partecipate totalmente o parzialmente, direttamente o indirettamente, dalle Amministrazioni pubbliche previste all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 165/2001.
Per quanto riguarda le società quotate in mercati regolamentati, le società che prima del 31/12/2015 hanno emesso strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e le società partecipate dalle precedenti società, le disposizioni del decreto si applicano solo nei casi espressamente previsti dal decreto stesso. Inoltre, le disposizioni in commento non si applicano, nei 18 mesi successivi alla sua entrata in vigore, alle società che abbiano già deliberato la quotazione in mercati regolamentati delle proprie azioni con provvedimento comunicato alla Corte dei Conti.
Sono escluse dall’ambito di applicazione delle nuove norme, per espressa previsione: (i) gli enti associativi diversi dalle società, (ii) le fondazioni, (iii) le società costituite in forza di legge per la gestione di servizi di interesse generale (SIG) e di servizi di interesse economico generale (SIEG).
Al ricorrere di determinate esigenze di carattere pubblico, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze (per le società statali) o dell’organo di vertice dell’Amministrazione pubblica partecipante (per le altre società pubbliche) potrà essere deliberata dal Consiglio dei Ministri l’esclusione totale o parziale dell’applicazione delle disposizioni del decreto per specifiche società. Questa previsione, tenuto conto dell’eterogeneità delle società in controllo pubblico, appare di buon senso.
Trattandosi di un testo unico, il decreto contiene numerose disposizioni già presenti nel nostro ordinamento giuridico che sono attualmente disseminate in decine di provvedimenti legislativi. Tuttavia, si osserva, che non tutte le norme esistenti in materia di società a partecipazione pubblica sono state ricondotte nell’ambito del testo unico. Forse, con minor fretta, poteva essere raggiunto un risultato addirittura migliore di quello conseguito.
Oltre a molte conferme, il decreto contiene diverse significative novità:
- tipi di società ammessi: in futuro le Amministrazioni pubbliche potranno partecipare solo a “società per azioni” e a “società a responsabilità limitata”; ci si chiede se sarà comunque consentita anche la partecipazione a “società consortili per azioni” e a “società consortili a responsabilità limitata”, in forza del fatto che tali società, ai sensi dell’art. 2615-ter del Codice Civile, non sono altro che delle S.p.a. o delle S.r.l. che perseguono scopi tipici dei consorzi;
- organo di controllo: nelle società a responsabilità limitata a controllo pubblico, in deroga alle norme del Codice Civile, lo Statuto dovrà sempre prevedere la nomina dell’organo di controllo o di un revisore. Nelle società per azioni in controllo pubblico, invece, la revisione legale dei conti non potrà essere affidata al Collegio Sindacale, con inevitabili incrementi di costi per le società;
- costituzione di nuove società o acquisizione di partecipazioni in società esistenti: è bene chiarire che il decreto non vieta né la costituzione di nuove società pubbliche, né l’acquisizione di nuove partecipazioni, anche indirette, in società già esistenti da parte delle Amministrazioni pubbliche, ma impone un iter più complesso sia per la loro costituzione, che per il loro monitoraggio. In particolare, per la costituzione di nuove società l’atto deliberativo dovrà essere analiticamente motivato e, per i soli Enti locali, sarà soggetto a forme di consultazione pubblica preventiva. Per gli Enti locali viene confermato che l’organo competente all’adozione dell’atto deliberativo è rappresentato dal Consiglio comunale, che sarà competente anche in materia di successive modifiche dell’oggetto sociale, per la trasformazione della società, per il trasferimento della sede sociale all’estero (caso molto raro nella prassi) e per la revoca dello stato di liquidazione;
- parere obbligatorio della Corte dei Conti: per procedere alla costituzione di una nuova società o all’acquisizione di partecipazioni in una società esistente, l’Amministrazione pubblica dovrà preventivamente inviare lo schema di atto deliberativo alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei Conti per l’acquisizione di un parere obbligatorio, preventivo, ma non vincolante. La Corte dei Conti dovrà rilasciare il parere entro 30 giorni e potrà chiedere solo una volta chiarimenti all’Amministrazione richiedente. L’atto deliberativo per la costituzione di una nuova società o per l’acquisizione di una partecipazione in una società esistente dovrà essere motivato con specifico riferimento agli eventuali rilievi effettuati dalla Corte dei Conti;
- comunicazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: l’atto deliberativo che dispone la costituzione di una nuova società o l’acquisizione di partecipazioni in una società esistente dovrà essere anche inviato all’A.G.C.M.;
- contabilità separata: le società in controllo pubblico che svolgono attività protette da diritti speciali o esclusivi e, contemporaneamente, attività in regime di economia di mercato, in futuro dovranno adottare sistemi di contabilità separata;
- crisi d’impresa: dopo le alterne posizioni assunte dalla giurisprudenza nel corso degli ultimi anni, viene fissato per legge il principio secondo il quale le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e a quelle sul concordato preventivo. Nei 5 anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società in controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le Amministrazioni pubbliche controllanti non potranno costituire nuove società, né acquisire partecipazioni in società già costituite o mantenere partecipazioni in società qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita;
- crisi aziendale e piano di risanamento: le società a controllo pubblico dovranno adottare con deliberazione assembleare, su proposta dell’organo amministrativo, specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale, al fine di prevenirne la formazione. Qualora da tale valutazione emergano uno o più indicatori di crisi, l’organo amministrativo dovrà adottare senza indugio un idoneo programma di risanamento, contenente i provvedimenti necessari per evitare l’aggravamento della crisi, per correggere gli effetti negativi e per eliminarne le cause. E’ importante richiamare l’attenzione sulle responsabilità dell’organo amministrativo: in caso di fallimento o concordato preventivo la mancata adozione di provvedimenti da parte di tale organo costituisce “grave irregolarità” ai sensi dell’art. 2409 del Codice Civile (denunzia al tribunale), con tutte le conseguenze negative che da ciò possono derivare. Un semplice piano di ripiano delle perdite da parte delle Amministrazioni pubbliche socie non può essere considerato un provvedimento adeguato, a meno che non sia accompagnato da un piano di “ristrutturazione aziendale”, dal quale risulti che sussistono concrete possibilità di recupero dell’equilibrio economico delle attività svolte dalla società;
- integrazione degli strumenti di governo societario: tenuto conto delle dimensioni e delle caratteristiche organizzative, nonché dell’attività svolta, le società a controllo pubblico dovranno valutare se adottare ulteriori strumenti di governo societario rappresentati da: (i) regolamenti interni volti a garantire la conformità dell’attività sociale alle norme sulla concorrenza e a quelle di tutela della proprietà industriale o intellettuale; (ii) istituzione di un ufficio di controllo interno (internal auditing) a supporto dell’organo di controllo statutario; (iii) codici di condotta imprenditoriali; (iv) programmi di responsabilità sociale dell’impresa. L’adozione di tali strumenti non è obbligatoria, ma l’organo amministrativo dovrà dare conto obbligatoriamente nella relazione sulla gestione delle valutazioni e scelte effettuate;
- alienazione di partecipazioni: gli atti deliberativi che avranno ad oggetto l’alienazione o la costituzione di vincoli su partecipazioni dovranno essere adottati dagli stessi soggetti competenti alla costituzione delle società o all’acquisto di partecipazioni (Consiglio comunale per gli Enti locali) e l’alienazione dovrà avvenire nel rispetto dei princìpi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione. Tuttavia, rispetto al passato, è stata introdotta la possibilità di derogare a tale previsione; pertanto, quando ricorrano motivazioni specifiche e sia economicamente conveniente, l’Amministrazione alienante potrà procedere alla negoziazione diretta delle partecipazioni con un singolo acquirente;
- organo amministrativo: un’importante novità è rappresentata dalla previsione secondo cui nelle società a controllo pubblico l’organo amministrativo dovrà essere costituito, di norma, da un amministratore unico, che dovrà possedere i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia che saranno stabiliti con successivo D.P.C.M.. Si tratta di una previsione di assoluto buon senso, tenuto conto che in molte società, soprattutto se “in house” l’organo amministrativo è un mero esecutore delle decisioni assunte dai soci pubblici. Tuttavia, per specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa, saranno definiti con successivo D.P.C.M. i criteri in base ai quali l’Assemblea potrà derogare al suddetto principio e prevedere l’adozione di un organo amministrativo nella forma del consiglio di amministrazione, che potrà comunque essere composto al massimo da 3 o 5 membri, ovvero, nonché deliberare l’adozione di uno dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo previsti dal Codice Civile (sistema monistico e dualistico);
- definizione dei compensi: entro il 30 aprile 2016 per le società in controllo pubblico verranno definiti con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze degli specifici indicatori quantitativi e qualitativi, in modo da individuare fino a 5 fasce per la classificazione di tali società. Per ogni fascia verrà individuato un limite massimo per la determinazione del trattamento economico annuo complessivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti dell’organo di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere € 240.000 annui, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario. Il compenso riconosciuto dovrà comunque tenere conto anche di quello corrisposto da altre pubbliche amministrazioni. Il suddetto decreto stabilità anche i criteri per la remunerazione variabile agganciata ai risultati effettivamente raggiunti;
- indennità di fine mandato e patti di non concorrenza: è vietato corrispondere agli amministratori e ai dirigenti delle società in controllo pubblico indennità o trattamenti di fine mandato ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva, ovvero, di stipulare patti o accordi di non concorrenza;
- aspettativa non retribuita: coloro che hanno un rapporto di lavoro dipendente con una società a partecipazione pubblica e sono al tempo stesso anche amministratori di tale società, dovranno rinunciare ai compensi riconosciuti per l’incarico di amministratore, altrimenti dovranno essere collocati in aspettativa non retribuita con sospensione dell’iscrizione ai competenti istituti di previdenza e assistenza;
- responsabilità degli amministratori e dei componenti gli organi di controllo: saranno soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, ma anche alla giurisdizione della Corte dei Conti per eventuali danni erariali; a tal fine, il decreto afferma che costituisce “danno erariale” il danno, patrimoniale e non, subìto dagli enti partecipanti;
- denuncia di gravi irregolarità: in deroga alle previsioni del Codice Civile, nelle società in controllo pubblico ciascuna Amministrazione pubblica socia può presentare denuncia di gravi irregolarità al tribunale competente, a prescindere dall’entità della partecipazione;
- monitoraggio, indirizzo e coordinamento: il Ministero dell’Economia e delle Finanze costituirà un’apposita struttura, dotata di poteri ispettivi, per il controllo e monitoraggio dell’attuazione delle disposizioni del decreto, che fornirà anche orientamenti sulla loro applicazione, promuovendo buone pratiche presso le società a partecipazione pubblica e adottando nei confronti delle stesse direttive sulla trasparenza e sulla separazione contabile. Le Amministrazioni pubbliche e le loro società dovranno inviare alla nuova struttura tutte le informazioni dalla stessa richieste e copia dei principali strumenti di governo societario, compresi i bilanci d’esercizio (quest’ultima previsione risulta un inutile aggravio per le società pubbliche, visto che i bilanci, non solo sono depositati annualmente presso il Registro delle Imprese, ma sono anche pubblicati sul sito internet delle società ai sensi del D.Lgs. 33/2013);
- affidamenti diretti e partecipazione di soggetti privati: anticipando, di fatto, il recepimento della Direttiva 2014/24/UE, relativa agli appalti dei settori ordinari, il decreto introduce nell’ordinamento italiano un’eccezione al principio secondo il quale nelle società a controllo pubblico beneficiarie di affidamenti diretti non vi può essere partecipazione di soggetti privati. Infatti, come previsto dall’art. 12 della suddetta Direttiva, in futuro sarà ammessa in tali società anche la partecipazione di soggetti privati, purché tale circostanza sia prevista da norme di legge e avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza determinante sulla società controllata. Dal testo della norma non si riesce però a capisce se questa partecipazione “ininfluente” dei privati sia sempre permessa o se sia consentita solo nei casi in cui la legge preveda tale partecipazione. La prima soluzione sembrerebbe quella più logica e più aderente ai princìpi previsti all’art. 12 della Direttiva UE;
- affidamenti diretti e fatturato con soggetti terzi: sempre nel solco dei princìpi previsti dall’art. 12 della Direttiva 2014/24/UE, il decreto ammette che società a controllo pubblico beneficiarie di affidamenti diretti in futuro potranno svolgere la propria attività in via non prevalente anche con soggetti diversi dai soci pubblici. Gli statuti di tali società dovranno prevede che almeno l’80% del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento di compiti affidati dalle Amministrazioni pubbliche socie, mentre la parte rimanente (quindi non più del 20%) potrà essere realizzata con soggetti terzi, ma solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale svolta dalla società. Finisce così l’era, iniziata con l’art. 13 del Decreto Bersani, della prassi secondo cui le società “in house” dovevano operare “esclusivamente” con le Amministrazioni pubbliche socie, nonostante che tale avverbio fosse stato espunto da tempo dal testo dell’art. 13. Tuttavia, deve essere fatta attenzione al fatto il superamento del limite dell’80% costituisce “grave irregolarità” ai sensi dell’art. 2409 del Codice Civile, anche se è prevista la possibilità di sanare lo sforamento;
- società a partecipazione mista pubblico-privata: il decreto conferma la gara a doppio oggetto per la scelta del socio privato, la cui partecipazione non potrà essere inferiore al 30%, e afferma che il socio pubblico dovrà mantenere una posizione di controllo sulla società mista. Il socio privato dovrà inoltre assumere un rischio significativo dalla partecipazione alla società e il flusso dei benefici derivante dalla realizzazione dell’opera o del servizio non dovrà andare sproporzionalmente a favore del socio privato. Inoltre, la durata della partecipazione del socio privato alla società non potrà essere superiore alla durata dell’appalto e della concessione. Infine, lo statuto della società partecipata dovrà contenere tutte le previsioni necessarie a regolamentare il rapporto con il socio privato, comprese quelle per lo scioglimento del rapporto societario in caso di risoluzione del contratto di servizio. Eventuali patti parasociali potranno avere una durata anche superiore a 5 anni, in modo da coprire tutta la durata dell’appalto o della concessione;
- rapporto di lavoro: il decreto conferma che il rapporto di lavoro dei dipendenti delle società in controllo pubblico è regolato dalle norme del Capo I, Titolo II, Libro V del Codice Civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa e dai contratti collettivi. Alle società a partecipazione pubblica si applicheranno le norme in materia di mobilità, integrazione salariale anche straordinaria e relativi obblighi contributivi di cui alla L. 223/91 e gli ammortizzatori sociali di cui al D.Lgs. 22/2015;
- reclutamento del personale: il decreto conferma le previsioni già contenute nell’art. 18 comma 2 del D.L. 112/2008, con alcune significative modifiche. In particolare, in futuro le procedure ad evidenza pubblica per la selezione del personale delle società pubbliche dovranno garantire il rispetto, oltre ai princìpi di trasparenza, pubblicità e imparzialità, anche di quelli previsti all’art. 35 comma 3 del D.Lgs. 165/2001, fra cui, quelli di economicità, celerità di espletamento delle procedure, rispetto delle pari opportunità fra lavoratrici e lavoratori, decentramento delle procedure di selezione, così come era già previsto fino ad oggi per le società di gestione di servizi pubblici locali a rilevanza economica (art. 18 comma 1 del D.L. 112/2008). La competenza in materia di validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale resta confermata alla giurisdizione ordinaria;
- riassorbimento di personale: il decreto introduce il principio secondo il quale, in caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi in precedenza esternalizzati, le Amministrazioni pubbliche sono obbligate, prima di effettuare nuove assunzioni, a riassorbire le unità di personale che erano transitate alla società in controllo pubblico al momento dell’esternalizzazione. Il riassorbimento, che può essere disposto solo nei limiti delle necessità dell’Amministrazione interessata, dovrà avvenire con l’utilizzo delle procedure di mobilità previste dal D.Lgs. 165/2001. Potranno comunque essere portati a conclusione i processi di mobilità del personale fra società pubbliche di cui all’art. 1 commi 565-568 della L.147/2013, che siano in corso alla data di entrata in vigore del decreto;
- ricollocazione del personale: per favorire la riduzione del numero della società partecipate dalle Amministrazioni pubbliche e, al contempo, attenuare gli effetti negativi sull’occupazione che questa riduzione finirà per produrre, è previsto che in occasione della prima gara successiva alla cessazione dell’affidamento in favore della società in controllo pubblico interessata dai processi di razionalizzazione, al personale già impiegato nell’appalto o nella concessione cessata si applicherà la disciplina prevista per il trasferimento d’azienda. Sarà quindi necessario che nei bandi di gara sia indicato l’obbligo per nuovo appaltatore di accollarsi il personale dell’affidatario cessato;
- ricognizione straordinaria del personale: entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto le società in controllo pubblico dovranno effettuare una ricognizione del personale al fine di individuare eventuali eccedenze. L’elenco del personale eccedente, completo dei relativi profili professionali, dovrà essere trasmesso al Dipartimento della Funzione Pubblica secondo modalità da stabilire con successivo decreto. Le società in controllo pubblico che vorranno procedere ad assunzioni a tempo indeterminato saranno obbligate fino al 31/12/2018 ad attingere dal suddetto elenco. Qualora non siano presenti i profili professionali ricercati, previa autorizzazione del Dipartimento della Funzione Pubblica, le società potranno comunque reclutare direttamente il personale necessario con selezione ad evidenza pubblica. Eventuali rapporti di lavoro stipulati in violazione della nuova disciplina saranno considerati nulli e per l’organo amministrativo costituiranno “grave irregolarità”;
- piani annuali di razionalizzazione: il decreto introduce l’obbligo per le Amministrazioni pubbliche di effettuare annualmente un’analisi dell’assetto complessivo delle società di cui detengono partecipazioni dirette o indirette, pena l’applicazione di sanzioni. Qualora ricorrano i presupposti, le Amministrazioni predispongono entro il 31 dicembre di ogni anno appositi piani di razionalizzazione, che prevedano il riassetto, la fusione o la liquidazione delle società. In particolare, dovranno essere comprese in tali piani le società che: (i) svolgano attività incompatibili con quelle consentite dall’art. 4 del decreto, (ii) siano prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti, (iii) svolgano attività analoghe o similari a quelle di altre società partecipate dalla stessa Amministrazione o dai suoi enti strumentali, (iv) nel triennio precedente abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a € 1.000.000, (v) abbiano prodotto un risultato economico negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti. L’esistenza di tali circostanze è motivo di alienazione delle partecipazioni, ai sensi dell’art. 25 comma 1 del decreto. L’inclusione nel piano potrà avvenire anche nel caso in cui vi sia l’esigenza di contenere i costi di funzionamento e di aggregare le società esistenti. I piani, una volta adottati, dovranno essere inviati alla competente sezione regionale della Corte dei Conti e alla struttura che sarà creata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze;
- monitoraggio dei piani di razionalizzazione: entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è stato adottato il piano di razionalizzazione, l’Amministrazione pubblica dovrà dare conto di quanto realizzato, approvando una specifica relazione, che dovrà essere trasmessa alla competente sezione regionale della Corte dei Conti e alla struttura che sarà creata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. E’ prevista l’applicazione di sanzioni in caso mancata adozione della relazione;
- revisione straordinaria delle partecipazioni: il decreto introduce anche l’obbligo di alienazione delle partecipazioni che non soddisfano le condizioni previste, detenute alla data della sua entrata in vigore dalle Amministrazioni pubbliche. Per tale ragione, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, le Amministrazioni dovranno adottare un provvedimento motivato di ricognizione di tutte le partecipazioni possedute, direttamente o indirettamente, individuando quelle che devono essere alienate entro 1 anno. Il provvedimento deve essere trasmesso alla competente sezione regionale della Corte dei Conti e alla struttura che sarà creata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. L’adozione di tale provvedimento costituisce aggiornamento del piano operativo di razionalizzazione di cui all’art. 1 comma 612 della Legge 190/2014. La mancata adozione dell’atto ricognitivo o la mancata alienazione delle partecipazioni entro 1 anno decorrente dalla data di adozione di tale atto è sanzionata con l’impossibilità per l’Amministrazione pubblica di esercitare i propri diritti di socio nei confronti della società partecipata e la partecipazione è liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti dall’art. 2437-ter del Codice Civile (previsione questa che finirà per rappresentare in molti casi l’unica alternativa possibile per quelle partecipazioni poco o per niente appetibili per il mercato);
- agevolazioni fiscali: in caso di scioglimento delle società o di alienazione delle partecipazioni, il decreto conferma le agevolazioni fiscali già previste all’art. 1 comma 568-bis della L. 147/2013;
- trasparenza: il decreto conferma l’impostazione dell’ANAC, secondo cui le società in controllo pubblico assicurano il massimo livello di trasparenza, secondo le modalità previste dal D.Lgs. 33/2013;
- arbitrati: le disposizioni relative al ricorso ad arbitrati si applicano anche alle concessioni e agli appalti pubblici di opere, servizi e forniture, qualora sia parte della controversia una società a controllo pubblico ovvero una società controllata o collegata ad una a controllo pubblico, che abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse pubbliche;
- adeguamento degli statuti societari: il decreto prevede l’obbligo di adeguare gli statuti delle società in controllo pubblico già costituite alla data della sua entrata in vigore entro il 31/12/2016;
- società quotate: le Amministrazioni pubbliche possono mantenere le partecipazioni in società quotate in mercati regolamentati già detenute al 31/12/2015.
Si raccomanda, prima di assumere qualsiasi decisione in merito alle società a partecipazione pubblica, di attendere la pubblicazione del testo definitivo del decreto sulla Gazzetta Ufficiale.
Alessandro Manetti