Enti locali e società partecipate Archivi - Alessandro Manetti - Dottore Commercialista e Revisore Legale https://www.alessandromanetti.com/normativa-giurisprudenza-news/enti-locali-e-societa-partecipate/ Consulenza e formazione per le imprese, per le Amministrazioni pubbliche e i loro organismi partecipati Mon, 07 Oct 2024 06:42:51 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.7 Gli obblighi di pubblicazione degli atti, dati e informazioni degli appalti pubblici https://www.alessandromanetti.com/obblighi-pubblicazione-dati-informazioni-appalti-pubblici/ https://www.alessandromanetti.com/obblighi-pubblicazione-dati-informazioni-appalti-pubblici/#respond Thu, 04 Apr 2024 13:51:11 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2820 L'articolo illustra gli obblighi di pubblicazione degli atti, dei dati e delle informazioni relative agli appalti pubblici dal 01/01/2024.

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Cantiere

La delibera ANAC n. 264/2023

La delibera ANAC n. 264 del 20 giugno 2023, come modificata dalla delibera n. 601 del 19 dicembre 2023, prevede l’obbligo per le stazioni appaltanti di assolvere agli obblighi di pubblicazione in materia di contratti pubblici, di cui all’art. 37 del D.lgs. 33/2013, mediante comunicazione tempestiva alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP) di tutti gli atti, dati e informazioni individuate dalla stessa ANAC nella delibera 261, sempre del 20 giugno 2023. La delibera è entrata in vigore dal 1° gennaio 2024.

Come viene assolto l’obbligo di pubblicazione?

L’obbligo di pubblicazione viene assolto dalle stazioni appaltanti mediante le piattaforme di approvvigionamento digitale, alle quali sono obbligate a rivolgersi a partire dal 1° gennaio 2024 per lo svolgimento di tutte le gare d’appalto, le quali comunicano materialmente alla BDNCP gli atti, i dati e le informazioni oggetto di pubblicazione.

Gli obblighi di pubblicazione si esauriscono così?

Purtroppo no. Gli obblighi di pubblicazione per le stazioni appaltanti non si esauriscono con l’utilizzo piattaforme di approvvigionamento digitale. Infatti, alle stazioni appaltanti resta comunque l’onere di pubblicare direttamente nella sezione “amministrazione trasparente” del proprio sito internet istituzionale:

  • un collegamento ipertestuale che rinvia ai dati relativi all’intero ciclo di vita del contratto contenuti nella BDNCP, in modo da garantire l’accesso immediato e diretto ai dati dello specifico contratto;
  • gli atti, i dati e le informazioni che non sono oggetto di comunicazione alla BDNCP, come individuati nell’allegato 1 alla delibera ANAC n. 264 del 20 giugno 2023; si tratta di informazioni che possono avere carattere generale, cioè riferirsi a tutte le procedure, oppure essere relative alle singole procedure.

Da notare che nella delibera n. 264 del 20 giugno 2023 l’ANAC non distingue fra gare sotto o sopra soglia comunitaria, né fra affidamenti diretti o meno, ma fa solo esplicito riferimento ad alcuni articoli del Codice dei contratti; pertanto, gli obblighi di pubblicazione diretta a cura delle stazioni appaltanti devono essere valutati di volta in volta, in base alle caratteristiche della procedura effettuata.

C’è altro da ricordare?

Gli atti, i dati e le informazioni sui contratti pubblici:

  • devono essere pubblicati dalla BDNCP e dalle stazioni appaltanti nel rispetto dei criteri previsti all’art. 6 del D.lgs. 33/2013: integrità, costante aggiornamento, completezza, tempestività, semplicità di consultazione, comprensibilità, omogeneità, facile accessibilità, conformità ai documenti originali, indicazione della provenienza e riutilizzabilità;
  • devono rimanere pubblicati nella BDNCP e nella sezione “Amministrazione trasparente” della stazione appaltante almeno per cinque anni.

In caso di mancata pubblicazione si applica la disciplina sull’accesso civico semplice, di cui all’art. 5, comma 1 del D.lgs. 33/2013 e trovano applicazione le sanzioni previste agli artt. 43 e 46 di tale decreto, nei confronti del soggetto tenuto ad effettuare la pubblicazione, come individuato dal Piano di prevenzione della corruzione e per la trasparenza (PTPCT).

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La “finanza di progetto” dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici https://www.alessandromanetti.com/finanza-di-progetto/ Thu, 14 Sep 2023 13:14:58 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2774 L'articolo illustra le principali caratteristiche della finanza di progetto dopo l'entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici.

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La finanza di progetto in sintesi

La finanza di progetto è una particolare modalità di realizzazione delle opere pubbliche, attraverso la quale un progetto di investimento trova il suo ristoro economico e finanziario nei ricavi e nei flussi di cassa generati dall’attività di gestione dell’opera realizzata. Con il ricorso alla finanza di progetto uno o più operatori economici possono presentare ad un ente concedente (solitamente un’Amministrazione pubblica) una proposta relativa alla realizzazione in concessione di lavori o servizi. L’ente concedente valuta la proposta e se la ritiene di pubblica utilità la mette a gara, garantendo al proponente il diritto di prelazione rispetto agli altri concorrenti.

La disciplina della finanza di progetto

La finanza di progetto è attualmente disciplinata dagli artt.  193, 194 e 195 del Decreto legislativo 31 marzo 2023 n. 36 (il c.d. nuovo Codice dei contratti pubblici), che si trovano correttamente collocati all’interno della Parte II dedicata ai “Contratti di concessione”, in quanto la finanza di progetto rappresenta una particolare modalità di finanziamento delle concessioni.

Rispetto al passato, il nuovo Codice ha introdotto diverse semplificazioni, fra cui:

  • non sono richiesti al proponente particolari requisiti in fase di presentazione della proposta (può quindi dotarsi dei requisiti necessari nella successiva fase di gara);
  • gli investitori istituzionali possono presentare proposte anche in assenza dei requisiti e acquisirli successivamente in sede di partecipazione alla gara, avvalendosi, anche integralmente, delle capacità di altri soggetti;
  • la proposta progettuale può avere ad oggetto opere e/o servizi già inclusi negli strumenti di programmazione dell’ente concedente oppure opere o servizi completamente nuovi per quest’ultimo.

La presentazione della proposta progettuale

La proposta progettuale deve contenere:

  1. un progetto di fattibilità;
  2. una bozza di convenzione;
  3. il piano economico-finanziario asseverato (che contiene anche le spese sostenute per la predisposizione della proposta e i diritti su eventuali opere dell’ingegno);
  4. la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione.

Secondo l’ANAC (comunicato del 23/06/2021) l’asseverazione del piano economico-finanziario può essere rilasciata dagli istituti di credito, dalle società di servizi costituite dagli stessi e dalle società di revisione.

Una volta ricevuta la proposta corredata di tutti gli allegati obbligatori, l’ente concedente ha 90 giorni di tempo per valutarne la fattibilità. In questo lasso temporale può invitare il proponente ad apportare modifiche al progetto per renderlo più confacente rispetto alle esigenze pubbliche.

Se il promotore non apporta le modifiche richieste, la proposta viene respinta.

L’esito della verifica di fattibilità da parte dell’ente concedente deve essere pubblicato sul suo sito internet istituzionale e comunicato al proponente.

Nel caso in cui la proposta superi l’esame di fattibilità, la stessa viene inserita negli strumenti di programmazione dell’ente concedente.

La gara

Una volta che l’ente concedente ha approvato la proposta, questa viene messa a gara “nei tempi previsti dalla programmazione”, garantendo però il diritto di prelazione al proponente. Il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto tra qualità e prezzo.

I concorrenti, compreso il promotore, presentano la propria offerta, che deve contenere:

  • il piano economico-finanziario asseverato;
  • la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione;
  • le varianti migliorative al progetto di fattibilità posto a base di gara (cioè, quello del proponente), secondo gli indicatori previsti nel bando.

Nella scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa l’ente concedente deve tenere conto anche degli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica proposti.

Come anticipato, al promotore è sempre riconosciuto il diritto di prelazione; pertanto, nel caso in cui un concorrente presenti un’offerta più vantaggiosa, il proponente ha comunque il diritto di offrire all’ente concedente le stesse condizioni offerte da quest’ultimo e di vedersi aggiudicata la concessione.

Significativo è anche il fatto che il soggetto proponente può modificare/integrare la propria configurazione giuridica fino alla data di scadenza della presentazione delle offerte.

Le garanzie

Al momento della presentazione della proposta non è più dovuta dal proponente alcuna garanzia. Si tratta di una novità rispetto al passato che agevolerà notevolmente la presentazione delle proposte, in quanto eviterà ai proponenti tutte le difficoltà incontrate in passato per ottenere dagli istituti di credito o assicurativi le garanzie richieste dalla normativa precedente (garanzie pittosto difficili da ottenere in una fase precontrattuale).

In sede di gara le offerte dei concorrenti devono essere corredate della garanzia provvisoria pari al 2% del valore complessivo della procedura indicato nel bando o nell’invito.

ll soggetto aggiudicatario deve prestare la garanzia definitiva pari almeno al 10% dell’importo contrattuale e a partire dalla data di inizio dell’esercizio del servizio il concessionario è tenuto prestare una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione dell’opera in misura del 10% del costo annuo operativo di esercizio. La mancata presentazione di questa cauzione costituisce un grave inadempimento contrattuale.

Il diritto di prelazione

Il diritto di prelazione può essere esercitato dal proponente, che non è risultato aggiudicatario, entro 15 giorni decorrenti dalla comunicazione dell’aggiudicazione, dichiarando di impegnarsi a adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario.

Se il proponente non esercita la prelazione ha diritto di ottenere, con oneri a carico dell’aggiudicatario, il rimborso delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, comprensive anche dei diritti sulle opere dell’ingegno. L’importo complessivo delle spese rimborsabili non può comunque superare il 2,5% del valore dell’investimento, come desumibile dal progetto di fattibilità posto a base di gara.

La società di scopo

Per le concessioni di valore superiore alla soglia di rilevanza comunitaria (oggi pari a 5.382.000 euro), il bando di gara prevedere l’obbligo per l’aggiudicatario di costituire una “società di scopo” (in passato chiamata “società di progetto”), in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile.

Quest’obbligo ha l’obiettivo di realizzare una segregazione dei flussi finanziari generati dall’opera realizzata e, soprattutto, quello di tenere separato il fabbisogno finanziario del promotore da quello della società di scopo, in modo da aumentare la bancabilità dell’operazione e garantire che le risorse destinate al rimborso dei finanziamenti non vengano utilizzate per finalità estranee al progetto.

Inoltre, la società di scopo, avendo una propria personalità giuridica, prosegue la sua missione anche nel caso in cui l’aggiudicatario (proponente) venga a trovarsi in difficoltà economiche e finanziarie. Quindi, la presenza della società di scopo è molto importante per la buona riuscita dell’operazione d’investimento.

Il bando di gara deve indicare l’ammontare minimo del capitale sociale della società. Nel caso in cui un concorrente sia costituito da più soggetti, nell’offerta deve essere indicata, a pena di esclusione, la quota di partecipazione al capitale della società di scopo di ciascun soggetto.

I lavori da eseguire e i servizi da prestare da parte delle società di scopo si intendono realizzati e prestati in proprio anche nel caso in cui siano affidati direttamente dalla società ai propri soci, originari o subentrati, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari.

La società di scopo subentra automaticamente nel rapporto di concessione senza necessità di approvazione o autorizzazione amministrativa o cessione di contratto, e sostituisce l’aggiudicatario in tutti i rapporti con l’ente concedente.

Nel caso di versamento di un prezzo in corso d’opera da parte dell’ente concedente, i soci della società di scopo restano solidalmente responsabili con la stessa nei confronti dell’amministrazione per l’eventuale rimborso del contributo percepito.

Inoltre, il contratto di concessione stabilisce le modalità per l’eventuale cessione delle quote della società di scopo, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società e a garantire il buon adempimento degli obblighi del concessionario fino alla data di emissione del certificato di collaudo dell’opera.

L’ingresso nel capitale sociale della società di scopo e lo smobilizzo delle partecipazioni da parte di banche e altri investitori istituzionali, che non abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione, possono tuttavia avvenire in qualsiasi momento.

Obbligazioni e altri titoli di debito

La società di scopo può emettere obbligazioni e titoli di debito, anche in deroga ai limiti di cui agli artt. 2412 e 2483 del Codice civile, purché destinati alla sottoscrizione da parte degli investitori istituzionali e clienti professionali.

L’emissione di obbligazioni è ammessa esclusivamente per finanziare (o rifinanziare) il debito contratto per la realizzazione dell’infrastruttura o delle opere connesse al servizio di pubblica utilità.

Il collocamento delle obbligazioni e altri titoli di debito emessi dalla società di scopo avviene nel termine massimo di 18 mesi (il contratto di concessione può prevedere anche un termine inferiore), decorso il quale il contratto è risolto di diritto, salvo siano state reperite nel frattempo altre forme di finanziamento.

La contribuzione pubblica

Le opere realizzate con la finanza di progetto possono essere “calde”, “tiepide” o “fredde”.

Le prime (calde) sono opere che, per le loro caratteristiche, sono in grado di generare ricavi e flussi finanziari sufficienti a garantire il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario della gestione e, quindi, il regolare rimborso dei finanziamenti assunti per realizzare l’opera.

Le seconde (opere tiepide) hanno caratteristiche che non consentono di ottenere tutti ricavi e i flussi finanziari necessari per consentire alla società di scopo di raggiungere e mantenere l’equilibrio economico e finanziario; quindi, quando devono essere realizzate opere tiepide, è comunque necessario un intervento finanziario da parte dell’ente concedente per garantire l’equilibrio della gestione.

Le opere fredde sono invece caratterizzate da ricavi e flussi finanziari molto scarsi (si pensi, per esempio, alla realizzazione di un ospedale), che non sono sufficienti a garantire l’equilibrio economico e finanziario della gestione; pertanto, in questi casi, l’ente concedente deve intervenire in modo importante per garantire la realizzazione dell’opera e l’equilibrio della gestione (in questi casi la società di scopo si troverà di fronte anche a difficoltà nell’accesso al credito).

In passato, l’ente concedente poteva contribuire (in contante o con garanzie) per un valore non superiore al 49% del costo dell’investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari. Con l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici questo limite è stato rimosso. Il legislatore italiano ha infatti voluto riallineare la disciplina interna alla direttiva europea del 2014, che non prevede un limite fisso all’ammontare della contribuzione pubblica, purché, nel complesso, l’operazione rispetti le condizioni di traslazione del rischio operativo dal concedente al concessionario.

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Il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – Parte III https://www.alessandromanetti.com/riordino-disciplina-servizi-pubblici-locali-parte-iii/ Tue, 24 Jan 2023 12:29:34 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2660 L'articolo illustra le novità introdotte dal D.Lgs. 201/2022 in materia di riordino dei servizi pubblici locali a rilevanza economica.

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Continua l’esame del D.lgs. 201/2022… (clicca qui per visualizzare la Parte I dell’articolo e qui per la Parte II)

Il contratto di servizio

Tutti i rapporti tra gli enti affidanti e i soggetti affidatari del servizio devono essere regolati da un contratto di servizio, così come quelli fra gli enti affidanti e le società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali.

Il contratto di servizio deve contenere le previsioni dirette ad assicurare, per tutta la durata dell’affidamento, l’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico e l’equilibrio economico-finanziario della gestione, secondo criteri di efficienza, promuovendo il progressivo miglioramento dello stato delle infrastrutture e della qualità delle prestazioni erogate.

Fatto salvo quanto previsto dalle discipline di settore, il contratto di servizio deve disciplinare almeno i seguenti aspetti:

  • regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
  • durata del rapporto contrattuale;
  • obiettivi di efficacia ed efficienza nella prestazione dei servizi, nonché l’obbligo di raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario della gestione;
  • obblighi di servizio pubblico;
  • condizioni economiche del rapporto, incluse le modalità di determinazione delle eventuali compensazioni economiche a copertura degli obblighi di servizio pubblico e di verifica dell’assenza di sovracompensazioni;
  • strumenti di monitoraggio sul corretto adempimento degli obblighi contrattuali, ivi compreso il mancato raggiungimento dei livelli di qualità;
  • obblighi di informazione e di rendicontazione nei confronti dell’ente affidante, o di altri enti preposti al controllo e al monitoraggio delle prestazioni, con riferimento agli obiettivi di efficacia ed efficienza, ai risultati economici e gestionali e al raggiungimento dei livelli qualitativi e quantitativi;
  • previsione delle penali e delle ipotesi di risoluzione del contratto in caso di grave e ripetuta violazione degli obblighi contrattuali o di altri inadempimenti che precludono la prosecuzione del rapporto;
  • obbligo di mettere a disposizione i dati e le informazioni prodromiche alle successive procedure di affidamento;
  • modalità di risoluzione delle controversie con gli utenti;
  • garanzie finanziarie e assicurative;
  • disciplina del recesso e delle conseguenze derivanti da ogni ipotesi di cessazione anticipata dell’affidamento, nonché i criteri per la determinazione degli indennizzi;
  • obbligo del gestore di rendere disponibili all’ente affidante i dati acquisiti e generati nella fornitura dei servizi agli utenti.

Per i servizi resi su richiesta individuale dell’utente, fatto salvo quanto previsto dalle discipline di settore, il contratto di servizio deve regolare anche i seguenti ulteriori aspetti:

  • struttura, livelli e modalità di aggiornamento delle tariffe e dei prezzi per gli utenti;
  • indicatori e livelli ambientali, qualitativi e quantitativi delle prestazioni da erogare, definiti in termini di livelli specifici e di livelli generali, e i relativi obiettivi di miglioramento, inclusi quelli volti a garantire un migliore accesso al servizio da parte delle persone diversamente abili;
  • indicazione delle modalità per proporre reclamo nei confronti dei gestori, nonché modalità e tempi con i quali devono essere comunicati i relativi esiti agli utenti;
  • modalità di ristoro dell’utenza, in caso di violazione dei livelli qualitativi del servizio e delle condizioni generali del contratto.

Al contratto di servizio devono poi essere allegati:

  • il programma degli investimenti (se previsti);
  • il piano economico-finanziario (per i soli servizi a rete);
  • il programma di esercizio (per i soli servizi a domanda individuale).

La carta dei servizi

L’art. 25 del decreto ha riproposto l’adozione da parte del gestore del servizio pubblico locale di rilevanza economica della carta dei servizi prevista dall’art. 2, comma 461, let. a) della L. 244/2007, che deve essere integrata con le informazioni relative alla composizione della tariffa.

La carta dei servizi deve essere pubblicata dal gestore sul proprio sito internet.

Il gestore è inoltre tenuto a dare pubblicità, anche a mezzo del proprio sito internet e con modalità comprensibili:

  • del livello effettivo di qualità dei servizi offerti;
  • del livello annuale degli investimenti effettuati;
  • della programmazione degli investimenti fino al termine dell’affidamento.

La determinazione delle tariffe

Per molti servizi pubblici le tariffe sono determinate dall’autorità di regolazione e dalle disposizioni contenute nella normativa di settore. Per quei servizi in cui ciò non è previsto, gli enti affidanti hanno l’obbligo di definire le tariffe in misura tale da assicurare:

  • l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della gestione;
  • il perseguimento di recuperi di efficienza (riduzione dei costi a carico della collettività).

Questi obiettivi devono essere perseguiti in armonia con gli obiettivi di carattere sociale, di tutela dell’ambiente e di uso efficiente delle risorse, tenendo conto della legislazione nazionale e del diritto dell’Unione europea in materia.

Le tariffe sono determinate sulla base dei seguenti criteri:

  • correlazione tra “costi efficienti” e ricavi, finalizzata al raggiungimento dell’equilibrio economico e finanziario della gestione, previa definizione e quantificazione degli oneri di servizio pubblico e degli oneri di ammortamento tecnico-finanziario (si ricorda che i “costi efficienti” sono i costi di un’impresa media del settore, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata di mezzi e impianti per la prestazione del servizio);
  • equilibrato rapporto tra finanziamenti raccolti e capitale investito (importante per evitare sottocapitalizzazioni);
  • valutazione dell’entità dei costi efficienti di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;
  • adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.

Fermo restando quanto stabilito dalle discipline di settore, gli enti affidanti possono anche prevedere tariffe agevolate per specifiche categorie di utenti in condizione di disagio economico o sociale o diversamente abili, provvedendo alla relativa compensazione in favore dei gestori.

Le tariffe sono soggette ad un aggiornamento periodico al fine di conseguire il graduale miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi. Di norma, l’aggiornamento tiene conto:

  • del tasso di inflazione programmata;
  • dell’incremento per i nuovi investimenti effettuati;
  • dell’obiettivo di recupero di efficienza prefissato;
  • degli obiettivi di qualità del servizio prefissati, definiti secondo parametri misurabili.

È comunque consentito agli enti affidanti di effettuare aggiornamenti tariffari con metodi diversi, che tengano conto delle caratteristiche del servizio, purché la scelta sia adeguatamente motivata e maggiormente funzionale al raggiungimento degli obiettivi di miglioramento della qualità e dell’efficienza del servizio.

Modifiche, cessazione anticipata e risoluzione del rapporto

Si tratta di vicende che possono accadere nel corso del rapporto contrattuale e sono consentire nei limiti e secondo le modalità previste dal diritto dell’Unione europea e dalla disciplina in materia di contratti pubblici.

Inoltre, nei casi di grave inadempimento agli obblighi di servizio pubblico e alle obbligazioni previste dal contratto è sempre prevista per l’ente affidante il potere di risolvere anticipatamente il rapporto con il gestore inadempiente.

Curiosa è la norma prevista all’art. 27, comma 2 del decreto in caso di aggiornamenti e modifiche del contratto di servizio con le società “in house”, in quanto è stabilito che queste modifiche debbano essere asseverate secondo quanto previsto dall’art. 17, comma 4, cioè da parte di un istituto di credito, di una società di servizi iscritta all’albo degli intermediari finanziari, di una società di revisione o di un revisore legale. La singolarità della previsione consiste nel fatto che l’asseverazione di cui all’art. 17, comma 4 è prevista solo per i servizi pubblici locali “a rete”, mentre in caso di aggiornamento e modifiche al contratto di servizio pare avere portata generale.   

Vigilanza, controlli e ricognizione periodica sulla gestione

Fatte salve le competenze delle autorità di regolazione e le discipline di settore, ai sensi dell’art. 30 del decreto, gli enti locali e gli altri enti competenti sono tenuti ad esercitare la vigilanza sulla gestione, sulla base di un programma di controlli, che deve essere elaborato tenendo conto:

  • della tipologia di attività;
  • dell’estensione territoriale di riferimento;
  • dell’utenza di riferimento.

Per agevolare lo svolgimento dell’attività di vigilanza, il gestore è obbligato a fornire all’ente affidante i dati e le informazioni concernenti l’assolvimento degli obblighi contenuti nel contratto di servizio e l’inadempimento di tali obblighi informativi deve essere oggetto di specifiche penalità contrattuali.

Tutti i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, e le loro eventuali forme associative, le Città metropolitane, le Province e gli altri enti competenti, devono inoltre effettuare la ricognizione periodica della situazione gestionale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica nei rispettivi territori.

La ricognizione deve rilevare, per ogni servizio affidato il concreto andamento, in modo analitico:

  • l’andamento economico del servizio;
  • il livello qualitativo del servizio;
  • il rispetto degli obblighi indicati nel contratto di servizio;
  • la misura del ricorso all’affidamento a società “in house”;
  • gli oneri e i risultati in capo agli enti affidanti.

Gli esiti della ricognizione devono essere riportati in un’apposita relazione, che deve essere aggiornata ogni anno in sede di revisione periodica delle partecipazioni ex art. 20 del D.lgs. 175/2016. Si tratta quindi di un nuovo ed ulteriore adempimento a carico degli enti affidanti. Nel caso delle società “in house”, tale relazione costituisce un’appendice della relazione ex art. 20 appena richiamato.

Da notare che in sede di prima applicazione la ricognizione sui servizi pubblici locali di rilevanza economica deve essere effettuato entro il 31/12/2023.

Trasparenza e trasmissione degli atti all’Anac

Per migliorare la trasparenza e la comprensibilità degli affidamenti effettuati, l’art. 31 del decreto prevede che gli enti locali sono tenuti a redigere la documentazione di loro competenza tenendo conto degli schemi tipo determinati dalle competenti autorità di regolazione e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

In particolare, ci si riferisce alla redazione dei seguenti documenti:

  • deliberazione di istituzione di un servizio pubblico locale (art. 10, comma 5 del decreto);
  • relazione propedeutica all’affidamento del servizio (art. 14, comma 3 del decreto);
  • relazione relativa al ricorso all’affidamento “in house” (art. 17, comma 2 del decreto);
  • relazione sulla ricognizione periodica dei servizi pubblici locali (art. 30, comma 2 del decreto).

L’art. 31, comma 2 del decreto ha inoltre previsto un onere di trasmissione degli atti all’Anac piuttosto gravoso per gli enti affidanti. Infatti, è previsto che tutti gli atti sopra indicati e il contratto di servizio devono essere:

  • pubblicati senza indugio sul sito istituzionale dell’ente affidante;
  • trasmessi contestualmente all’Anac, per la loro pubblicazione sul proprio portale telematico, in un’apposita sezione denominata “Trasparenza dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – Trasparenza SPL”, con evidenza della data di pubblicazione.

Coordinamento con la normativa di settore

Infine, agli artt. 32, 33 e 34 del decreto sono state previste norme specifiche di coordinamento con la normativa dei settori del trasporto pubblico locale, del servizio idrico, della gestione dei rifiuti urbani e delle farmacie.

I servizi di distribuzione dell’energia elettrica e del gas naturale e di gestione degli impianti di trasporti a fune sono stati espressamente esentati dagli artt. 35 e 36 dall’applicazione di tutte le disposizioni contenute nel decreto.

L'articolo Il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – Parte III proviene da Alessandro Manetti - Dottore Commercialista e Revisore Legale.

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Il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – Parte II https://www.alessandromanetti.com/riordino-disciplina-servizi-pubblici-locali-parte-ii/ Tue, 24 Jan 2023 12:21:38 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2656 L'articolo illustra le novità introdotte dal D.Lgs. 201/2022 in materia di riordino dei servizi pubblici locali a rilevanza economica.

L'articolo Il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – Parte II proviene da Alessandro Manetti - Dottore Commercialista e Revisore Legale.

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Continua l’esame del D.lgs. 201/2022… (clicca qui per visualizzare la Parte I dell’articolo)

Il principio di sussidiarietà orizzontale

Si tratta di un principio previsto all’art. 10 del decreto, che dispone che per il soddisfacimento dei bisogni delle comunità locali gli enti locali devono favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, e delle imprese.

Solo qualora l’iniziativa privata risulti inidonea a soddisfare le esigenze della comunità locale, gli enti locali possono intervenire istituendo anche servizi di interesse economico generale di livello locale diversi da quelli già previsti dalla legge, che ritengono però necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni di cittadini.

Questi servizi possono tuttavia essere istituiti solo dopo:

  • un’apposita istruttoria condotta sulla base di un effettivo confronto tra le diverse soluzioni possibili, da cui risulti che la prestazione dei servizi da parte dei soggetti privati è inidonea a garantire il soddisfacimento dei bisogni delle comunità locali;
  • avere verificato che la prestazione del servizio non possa essere assicurata attraverso l’imposizione di obblighi di servizio pubblico a carico di soggetti privati, riconoscendo eventuali compensazioni economiche.

La deliberazione di istituzione del nuovo servizio deve dare conto degli esiti dell’istruttoria effettuata.

La scelta della forma di gestione del servizio

L’art. 14 del nuovo decreto prevede che gli enti locali e gli altri enti competenti possono adottare una delle seguenti modalità di gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica:

  1. affidamento a terzi mediante procedura a evidenza pubblica (favorendo il ricorso alla “concessione”, piuttosto che all’appalto di servizi, in modo da trasferire il rischio d’impresa sul concessionario);
  2. affidamento a società mista, secondo la disciplina prevista dall’art. 17 del D.lgs. 175/2016;
  3. affidamento a società “in house”;
  4. gestione in economia o mediante aziende speciali (solo in caso di servizi diversi da quelli a rete).

Nella scelta della modalità di gestione devono essere tenuti in considerazione:

  • le caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali;
  • la situazione delle finanze pubbliche;
  • i costi per l’ente locale e per gli utenti;
  • i risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili;
  • i risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio.

Prima dell’avvio delle procedure di affidamento del servizio, l’ente affidante deve riportare gli esiti di questa valutazione in un’apposita relazione (che sostituisce quella prevista dall’abrogato art. 34, comma 20 del D.L. 179/2012), nella quale devono essere evidenziate:

  • le ragioni e la sussistenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione europea per la forma di affidamento prescelta;
  • gli obblighi di servizio pubblico;
  • le eventuali compensazioni economiche, inclusi i relativi criteri di calcolo, anche al fine di evitare sovracompensazioni.

È espressamente vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori di pubblico servizio in ordine al loro regime tributario.

Per i soli servizi pubblici locali “a rete”, la relazione deve essere inoltre integrata con il piano economico-finanziario acquisito all’esito della procedura (quindi predisposto dal futuro gestore), in modo da assicurare la realizzazione degli interventi infrastrutturali necessari. Si tratta quindi di una “integrazione” vera e propria della relazione, in quanto il piano economico-finanziario sarà disponibile solo dopo l’espletamento della procedura di affidamento.

Tale piano, fatte salve le disposizioni di settore, deve contenere anche la proiezione, per tutto il periodo di durata dell’affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti e dei relativi finanziamenti e deve essere asseverato da un istituto di credito o da una società di servizi iscritta all’albo degli intermediari finanziari, da una società di revisione o da un revisore legale.

L’affidamento a società “in house”

L’art. 17 del nuovo decreto prevede che, per quanto riguarda l’affidamento a “società in house”, questo può essere effettuato nei limiti e secondo le modalità previste in materia di contratti pubblici e secondo le disciplina dettata dall’art. 16 del D.lgs. 175/2016.

Tuttavia, per gli affidamenti “in house” di importo superiore alle soglie di rilevanza europea (vedi art. 35 del D.lgs. 50/2016) l’art. 17 stabilisce che gli enti locali e gli altri enti competenti sono tenuti ad adottare la deliberazione di affidamento del servizio sulla base di una “qualificata motivazione”, che dia espressamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini di un’efficiente gestione del servizio.

In particolare, gli enti affidanti sono tenuti ad illustrare i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, con riguardo a:

  • investimenti;
  • qualità del servizio;
  • costi dei servizi per gli utenti;
  • impatto sulla finanza pubblica;
  • obiettivi di universalità, socialità, tutela dell’ambiente e accessibilità dei servizi;

il tutto, tenendo conto:

  • dei risultati conseguiti in eventuali pregresse gestioni “in house”;
  • dei dati e delle informazioni risultanti dalle verifiche periodiche cui sono tenuti;
  • degli atti e degli indicatori di cui agli artt. 7, 8 e 9 del decreto.

L’attività degli enti locali non si conclude ovviamente con l’affidamento, come erroneamente ritenuto da molti addetti ai lavori, ma deve proseguire con l’analisi periodica dei risultati conseguiti dall’affidatario “in house” e con l’obbligo di dare conto in sede di razionalizzazione periodica delle partecipazioni (ex art. 20 del D.lgs. 175/2016) delle ragioni che, sul piano economico e della qualità dei servizi, giustificano il mantenimento dell’affidamento del servizio alla stessa, anche in relazione ai risultati conseguiti nella gestione. Queste previsioni, contenute all’art. 17 del decreto, devono coordinarsi con quanto previsto al successivo art. 30 in materi di verifiche periodiche sulla situazione gestionale dei servizi pubblici locali.

La durata dell’affidamento

Secondo quanto previsto all’art. 19 del decreto, fatte salve le discipline di settore, la durata dell’affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è fissata dall’ente locale e dagli altri enti competenti:

  • in funzione della prestazione richiesta;
  • in misura proporzionata all’entità e alla durata degli investimenti proposti dall’affidatario;
  • comunque in misura non superiore al periodo necessario ad ammortizzare gli investimenti previsti in sede di affidamento e indicati nel contratto di servizio di servizio.

Tuttavia, in caso di affidamento a società “in house” di servizi pubblici locali “non a rete”, la durata non può essere superiore a cinque anni, fatta salva la possibilità per l’ente affidante di dare conto, nella deliberazione di affidamento delle ragioni che giustificano una durata superiore al fine di assicurare l’ammortamento degli investimenti.  

Qualora l’affidamento venga effettuato per una durata inferiore al piano di ammortamento degli investimenti deve essere riconosciuto in favore del gestore uscente un indennizzo, così calcolato:

indennizzo spettante = valore contabile degli investimenti (costo storico – fondo ammortamento) + rivalutazione ISTAT – contributi pubblici percepiti.

L’indennizzo deve essere posto a carico del gestore subentrante ed è previsto anche in caso di cessazione anticipata del rapporto.

Le clausole sociali

Al fine di tutelare l’occupazione, l’art. 20 del decreto prevede che i bandi di gara, gli avvisi o la deliberazione di affidamento a società “in house” devono prevedere, nel rispetto del principio di proporzionalità, l’impiego di apposite clausole sociali, secondo la disciplina in materia di contratti pubblici.

Gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali

All’art. 21 del decreto viene riproposta la separazione fra:

  • gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni;
  • gestione del servizio;

con possibilità del loro affidamento a gestori diversi, garantendo comunque l’accesso equo e non discriminatorio alle reti, agli impianti e alle altre dotazioni patrimoniali essenziali a tutti i soggetti legittimati all’erogazione del servizio.

Gli enti locali, anche in forma associata, ove consentito dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico (le c.d. “società patrimoniali”). Il capitale sociale di tali società è incedibile, in quanto deve essere assicurato che la proprietà di tali beni resti in mano pubblica. Queste società possono porre i beni a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o anche, ove previsto, di soggetti gestori dei beni stessi, a fronte di un canone stabilito dalla competente autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Quindi, si può arrivare ad avere anche un modello organizzativo a tre soggetti: i) società patrimoniale proprietaria della rete, ii) soggetto gestore della rete, iii) soggetto erogatore del servizio (utilizzatore della rete).

Alle società “in house” è consentito anche svolgere la funzione di gestore della rete, oltre che di proprietario della stessa.

Nel caso in cui la gestione della rete, degli impianti o delle altre dotazioni patrimoniali sia affidata secondo una delle modalità viste in precedenza, ancorché separata o integrata con la gestione dei servizi, il soggetto gestore deve applicare la disciplina prevista dal Codice dei contratti pubblici per la realizzazione dei lavori connessi alla gestione della rete, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali.

Tuttavia, qualora tale gestore sia anche in possesso delle previste qualificazioni, se previsto nell’affidamento, potrà realizzare direttamente i lavori necessari. Anche per le gestioni in corso al 31/12/2022 il gestore è obbligato ad osservare la disciplina prevista dal Codice dei contratti pubblici nell’esecuzione dei lavori.

Clicca qui per accedere alla terza parte dell’articolo e completare l’esame del D.lgs. 201/2022.

L'articolo Il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – Parte II proviene da Alessandro Manetti - Dottore Commercialista e Revisore Legale.

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Il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – Parte I https://www.alessandromanetti.com/riordino-disciplina-servizi-pubblici-locali-parte-i/ Tue, 24 Jan 2023 12:14:16 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2650 L'articolo illustra le novità introdotte dal D.Lgs. 201/2022 in materia di riordino dei servizi pubblici locali a rilevanza economica.

L'articolo Il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – Parte I proviene da Alessandro Manetti - Dottore Commercialista e Revisore Legale.

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Il 31/12/2022 è entrato in vigore il D.lgs. 201/2022 (pubblicato sulla G.U. del 30/12/2022, n. 304) sul riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

Si tratta dell’ennesimo tentativo di riforma che ha interessato tutti i governi italiani dell’ultimo decennio, dal governo Berlusconi II e IV, al governo Prodi, II fino al governo Renzi.

Questa volta però c’era una motivazione in più che ha consentito di portare a casa il risultato, cioè la circostanza che l’ex governo Draghi si sia impegnato con la Commissione europea, nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (in c.d. PNRR), ad approvare il riordino entro la fine del 2022.

Si tratta di un riordino, più che di una vera e propria riforma, che è stato definito “timido” e che, come sempre, anziché semplificare, porterà ad una maggiore complicazione e ad ulteriori oneri a carico degli Enti locali, soprattutto in materia di analisi a supporto della scelta della forma di gestione e in tema di monitoraggio e controllo degli affidatari (aspetti, questi ultimi, per i quali gli Enti locali sono spesso privi delle competenze aziendalistiche necessarie).

Prima di approfondire i vari aspetti contenuti nel decreto è utile concentrarsi sulla definizione di “servizi pubblici locali di rilevanza economica”, che lo stesso decreto all’art. 2, comma 2, let. c) definisce come “i servizi erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato, che non sarebbero svolti senza un intervento pubblico o sarebbero svolti a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che sono previsti dalla legge o che gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, ritengono necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale”.

L’oggetto e gli obiettivi del D.lgs. 201/2022

Il nuovo decreto ha come oggetto la disciplina generale dei servizi di interesse economico generale locali ed ha l’obiettivo di fissare i princìpi comuni per raggiungere e mantenere un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità dei servizi, la parità di trattamento e l’accesso universale ai medesimi da parte degli utenti, garantendone i relativi diritti e assicurando l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale e territoriale.

Le disposizioni del nuovo decreto devono essere applicate a tutti i servizi di interesse economico generale prestati a livello locale e sono “integrative” delle normative di settore che regolano i singoli servizi (per esempio, il D.lgs. 152/2006 in materia di servizio idrico e in materia di gestione dei rifiuti urbani, il D.lgs. 422/1997 sul trasporto pubblico locale, ecc.).

Quindi, le disposizioni del nuovo decreto sono volutamente generali e, in caso di contrasto, le stesse comunque prevalgono su quelle di settore, salvo che non siano previste specifiche derogate (cosa che nel testo del decreto accade molto spesso).

I princìpi da garantire nell’istituzione, regolazione e gestione dei servizi

L’art. 3 del decreto fissa i princìpi che devono essere garantiti nell’istituzione, regolazione e gestione dei servizi di interesse economico generale di livello locale:

  • il principio di concorrenza;
  • il principio sussidiarietà, anche orizzontale;
  • l’efficienza nella gestione;
  • l’efficacia nella soddisfazione dei bisogni dei cittadini;
  • lo sviluppo sostenibile;
  • la produzione di servizi quantitativamente e qualitativamente adeguati alle necessità degli utenti;
  • l’applicazione di tariffe orientate a costi efficienti;
  • la promozione di investimenti in innovazione tecnologica;
  • la proporzionalità e adeguatezza della durata dell’affidamento del servizio;
  • la trasparenza delle scelte compiute dalle amministrazioni e sui risultati della gestione.

La revisione degli ambiti territoriali ottimali

Uno dei primi temi affrontati dal nuovo decreto è quello della revisione degli ambiti territoriali ottimali e di una spinta verso dimensioni maggiori di quelle attuali; in particolare, l’art. 5 del decreto contiene previsioni che:

  • incentivano le Regioni a rivedere l’organizzazione degli ambiti territoriali ottimali, spingendole preferibilmente verso una scala regionale o comunque tale da consentire economie di scala o di scopo, idonee a massimizzare l’efficienza del servizio;
  • attribuiscono alle Città metropolitane la possibilità di esercitare per conto dei Comuni le funzioni attribuite loro dalla legge, in modo da favorire la gestione integrata sul territorio dei servizi pubblici locali di rilevanza economica;
  • attribuiscono alle Province un ruolo di supporto tecnico-amministrativo e di coordinamento.

Non si tratta però di obblighi veri e propri, ma di una sorta di “moral suasion” esercitata nei confronti di Regioni, Province e Comuni, che probabilmente non sortirà l’effetto sperato. Forse una spinta significativa potrà venire dalle misure incentivanti in favore degli Enti locali che aderiranno alle riorganizzazioni e alle aggregazioni, che dovrebbero essere approvate dal Ministero dell’economia e delle finanze entro la metà del prossimo mese di febbraio.

La distinzione fra chi gestisce e chi controlla i servizi “a rete”

Il D.lgs. 201/2022 prevede all’art. 6 una netta separazione fra le funzioni di regolazione, di indirizzo e controllo e quelle di gestione dei servizi pubblici locali “a rete”, intendendo per tali i servizi suscettibili di essere organizzati tramite reti strutturali o collegamenti funzionali necessari tra le sedi di produzione o di svolgimento della prestazione oggetto di servizio.

La separazione viene garantita dal divieto per gli enti di governo dell’ambito e per le Autorità specificamente istituite per la regolazione e il controllo dei servizi pubblici locali di partecipare, sia direttamente che indirettamente, al capitale dei soggetti incaricati della gestione del servizio.

Si tratta però di una regola generale piuttosto debole, in quanto sono previste diverse eccezioni, fra cui:

  • non si considerano partecipate indirettamente le società formate o partecipate dagli Enti locali ricompresi nell’ambito;
  • gli Enti locali titolari del servizio e a cui spettano le funzioni di regolazione possono assumere anche la gestione del servizio, sia direttamente che per mezzo di un soggetto partecipato, a patto però che le strutture, i servizi, gli uffici e le unità organizzative dell’ente ed i loro dirigenti e dipendenti preposti alle funzioni di regolazione non svolgano alcuna funzione o compito inerente alla gestione e il suo affidamento.

Le inconferibilità degli incarichi

Sempre con la finalità di rafforzare la distinzione fra chi gestisce il servizio e chi esercita la funzione di regolamentazione, indirizzo e controllo, ai commi 4-8 dell’art. 6 del decreto sono stati previsti alcuni casi di “inconferibilità” degli incarichi.

In particolare, non possono essere conferiti incarichi professionali, incarichi inerenti alla gestione del servizio e incarichi di amministrazione o di controllo societario:

  1. ai componenti di organi di indirizzo politico dell’ente competente all’organizzazione del servizio o alla sua regolazione, vigilanza o controllo, nonché ai dirigenti e ai responsabili degli uffici o dei servizi direttamente preposti all’esercizio di tali funzioni;
  2. ai componenti di organi di indirizzo politico di ogni altro organismo che espleti funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo o di controllo del servizio, nonché ai dirigenti e ai responsabili degli uffici o dei servizi direttamente preposti all’esercizio di tali funzioni;
  3. ai consulenti per l’organizzazione o regolazione del servizio.

Si tratta di inconferibilità che cessano automaticamente decorso un anno dalla conclusione dei relativi incarichi.

Per agli affidamenti in essere al 31/12/2022 l’adeguamento alle nuove disposizioni dovrà avvenire entro il 31/12/2023.

Costi di riferimento e schemi tipo

L’art. 7 del decreto prevede che per i servizi pubblici locali “a rete” le autorità di regolazione sono tenute ad individuare:

  • i costi di riferimento dei servizi;
  • lo schema tipo di piano economico-finanziario;
  • gli indicatori e i livelli minimi di qualità dei servizi;
  • gli schemi di bandi di gara e gli schemi di contratti tipo.

L’art. 8 del decreto, invece, prevede per i servizi pubblici locali “non a rete”, per i quali non opera un’autorità di regolazione, che i suddetti documenti siano predisposti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Solo per i servizi non a rete di loro competenza, gli Enti locali possono adottare un regolamento con cui predefiniscono condizioni, principi, obiettivi e standard della gestione, nel rispetto di quanto disposto dal D.lgs. 201/2022, assicurando la trasparenza e la diffusione dei dati della gestione.

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Informativa ai sensi degli artt. 13 e 14 del Regolamento (UE) 2016/679 del 27 aprile 2016 https://www.alessandromanetti.com/informativa-trattamento-dati-personali/ Thu, 01 Dec 2022 15:11:00 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=1552 Il Regolamento (UE) 2016/679 prevede che tutti coloro che sono titolari del trattamento di dati personali di terzi e a cui competono le decisioni circa gli strumenti da utilizzare per il trattamento, ivi compreso il profilo della sicurezza, sono tenuti a comunicare alla persona nel cui interesse tali dati vengono trattati, le informazioni previste agli […]

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Telecamente e privacyIl Regolamento (UE) 2016/679 prevede che tutti coloro che sono titolari del trattamento di dati personali di terzi e a cui competono le decisioni circa gli strumenti da utilizzare per il trattamento, ivi compreso il profilo della sicurezza, sono tenuti a comunicare alla persona nel cui interesse tali dati vengono trattati, le informazioni previste agli artt. 13 e 14 del Regolamento (UE) sopra richiamato.

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Qualora desideri esercitare uno dei suddetti diritti, La invito a presentare una richiesta al Titolare del trattamento. La richiesta può essere presentata a mano presso la sede del Titolare o inviata tramite raccomandata, fax o posta elettronica, anche certificata. Tali diritti possono essere esercitati anche conferendo delega o procura scritta a persone fisiche, enti, associazioni od altri organismi. Lei potrà anche farsi assistere da una persona di Sua fiducia. L’esercizio dei Suoi diritti è gratuito, salvo il caso di richieste manifestamente infondate o eccessive, e ad ogni Sua richiesta verrà data risposta da parte del Titolare del trattamento entro 30 giorni. Ogni richiesta può essere rinnovata con un intervallo non inferiore a 90 giorni. La richiesta non può essere avanzata nei casi espressamente previsti dal Regolamento (UE) 2016/679.

Dott. Alessandro Manetti

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Alcuni princìpi per la selezione del personale nelle società a controllo pubblico https://www.alessandromanetti.com/principi-selezione-personale-societa-pubbliche/ Thu, 20 Oct 2022 16:53:26 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2614 L'articolo si sofferma sui princìpi che devono essere rispettati dalle società a controllo pubblico nelle procedure di selezione e reclutamento del personale.

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Recentemente il Tribunale di Aosta ha dichiarato la nullità di una selezione concorsuale effettuata da una società pubblica per non avere garantito il principio dell’anonimato delle prove scritte, secondo l’ormai consolidato orientamento del Consiglio di Stato (vedi Cons. Stato, adunanza plenaria del 20/11/2013). In pratica, la commissione esaminatrice aveva obbligato tutti i candidati a sottoscrivere ogni pagina delle prove scritte, senza alcun valido motivo, ed uno di questi ha deciso di ricorrere al Tribunale ordinario per chiedere l’annullamento della selezione, della relativa graduatoria finale e del contratto di lavoro nel frattempo stipulato con il candidato primo classificato.

Perché questa sentenza è interessante?

La sentenza è interessante perché contiene alcuni princìpi fondamentali in materia di selezioni pubbliche di personale effettuate dalle società a controllo pubblico, che possiamo riassumere nel modo seguente:

1. alle società a controllo pubblico non si possano applicare sic et simpliciter tutte le norme previste per le procedure concorsuali della pubblica amministrazione: infatti, la legislazione vigente consente a tali società di godere di ampia discrezionalità riguardo alle modalità di selezione del personale, in quanto viene loro consentito di autoregolamentare le procedure di reclutamento; in pratica, le società a controllo pubblico sono solo obbligate a rispettare i princìpi generali di trasparenza, pubblicità e imparzialità, previsti dall’art. 19, comma 2 del D.lgs. 175/2016 e i princìpi di economicità, celerità di espletamento delle procedure, rispetto delle pari opportunità fra lavoratrici e lavoratori, decentramento delle procedure di selezione, previsti all’art. 35, comma 3, del D.lgs. 165/2001, nonché quelli che hanno l’obiettivo di garantire l’imparzialità delle commissioni esaminatrici (vedi anche TAR Campania Napoli, sez. I, sentenza n. 1371 del 28/02/2022);

2. il provvedimento delle società a controllo pubblico che fissa i criteri e le modalità di reclutamento del personale (il c.d. “regolamento per il reclutamento del personale”), che le società in controllo pubblico devono obbligatoriamente adottare e pubblicare ex art. 19, comma 2 del D.lgs. 175/2016, nonché i singoli avvisi di selezione, sono considerati lex specialis delle procedure di selezione. Tuttavia, non è necessario che i provvedimenti e gli avvisi di selezione prevedano esplicitamente l’anonimato delle prove scritte, perché si tratta di un principio immanente dell’ordinamento, affermato dalla consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato;

3. sempre secondo consolidata giurisprudenza, al giudice non è mai consentito di sostituirsi alla commissione esaminatrice per compiere la valutazione tecnica (per esempio, la valutazione del curriculum dei candidati o delle prove effettuate). Tuttavia, la società pubblica resta soggetta, nell’individuazione dei candidati da assumere, oltre alle clausole dell’avviso, alle disposizioni collettive e procedimentali, nonché al controllo del giudice ordinario per quanto riguarda l’osservanza della normativa e dei princìpi che deve rispettare;

4. la società pubblica, nella procedura di selezione del personale, in ogni caso, non può esercitare una discrezionalità amministrativa, ma solo un’attività valutativa tecnica, che è sindacabile in sede giudiziale per quanto riguarda l’osservanza dei meccanismi procedimentali precostituiti e, in ogni caso, del principio generale di correttezza di cui all’art. 1175 del Codice civile (Cass. 3149-82, 6224-87, 5027-88, 5383-88, 4913-89, 12664-92);

5. l’avviso di selezione si configura come un’offerta al pubblico che, ai sensi dell’art. 1336, comma 1 del Codice civile, qualora contenga “gli estremi essenziali alla cui conclusione è diretta”, vale come proposta contrattuale (v. Cass. 19/04/2006, n. 9049, Id. 08/03/2007, n. 5295, Id. 21/08/2004, n. 16501); pertanto, il candidato può pretendere dalla società pubblica l’esatta osservanza di quanto stabilito nell’avviso e il rispetto dai generali princìpi di correttezza e buona fede (che si concretizzano nei princìpi di trasparenza, pubblicità ed imparzialità previsti dall’art. 19 del D.lgs. 175/2016). Qualora ciò non avvenga può adire il giudice per ottenere l’adempimento e/o il risarcimento del danno, senza però poter pretendere, come già detto, che il giudice si sostituisca alla società pubblica nel compimento della valutazione tecnica. Il candidato ha quindi un interesse legittimo di diritto privato.

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Il parere obbligatorio, ma non vincolante, della Corte dei conti sulle delibere di costituzione di nuove società pubbliche https://www.alessandromanetti.com/parere-corte-dei-conti-atto-deliberativo-2/ Tue, 13 Sep 2022 10:30:56 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2605 Il comma 3 dell’art. 5 del TUSP prevede oggi l’obbligo per l’Amministrazione pubblica di inviare l’atto deliberativo sia all’Antitrust, che alla Corte dei conti, introducendo un vero e proprio “periodo di sospensione” degli effetti dell’atto deliberativo dell’Amministrazione pubblica interessata.

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Nuovi obblighi in capo alle Amministrazioni pubbliche. L’art. 11, comma 1, lett. a), nn. 1) e 2) della Legge 5 agosto 2022, n. 118 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021) ha modificato in modo significativo il procedimento che le Amministrazioni pubbliche devono seguire per costituire nuove società partecipate o per acquisire una partecipazione di società già esistenti.

Cos’è stato modificato?

La disposizione richiamata modifica il comma 3 e 4 dell’art. 5 del D.lgs. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) rendendo il procedimento, tanto per cambiare, più gravoso di quello previsto in precedenza. Infatti, mentre prima della modifica le Amministrazioni pubbliche erano obbligate ad inviare alla Corte dei conti l’atto con cui deliberavano la costituzione della nuova società o l’acquisizione di una partecipazione – diretta o indiretta – solo per mere finalità conoscitive, oggi sono obbligate ad attivare un vero e proprio procedimento istruttorio. Infatti, il comma 3 dell’art. 5 prevede oggi l’obbligo per l’Amministrazione pubblica di inviare l’atto deliberativo sia all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che alla Corte dei conti. Tuttavia, mentre per l’Antitrust è prevista una generica possibilità di esercitare i poteri di cui all’art. 21-bis della legge 287/1990 – quindi, la trasmissione dell’atto continua ad avere carattere meramente informativo – per la Corte dei conti la norma è più incisiva. In particolare, è previsto che la Corte delibera, entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento, in ordine alla conformità dell’atto a quanto disposto dai commi 1 e 2 del presente articolo, nonché dagli articoli 4, 7 e 8, con particolare riguardo alla sostenibilità finanziaria e alla compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa.”.

Quali sono gli effetti pratici di queste novità?

Il nuovo comma 3 dell’art. 5 introduce un vero e proprio “periodo di sospensione” degli effetti dell’atto deliberativo dell’Amministrazione pubblica interessata (con buona pace per i sostenitori dell’autonomia degli enti locali), in attesa del pronunciamento della Corte dei conti o della decorrenza del termine di sessanta giorni.

Questa circostanza rappresenta un problema non di poco conto, in quanto l’esperienza dimostra che nella prassi le operazioni di costituzione di nuove società o di acquisto di partecipazioni da parte delle Amministrazioni pubbliche prevedono quasi sempre tempi molto stretti e scadenze perentorie. Per cui sospendere l’efficacia di una deliberazione per sessanta giorni rappresenta un’ulteriore complicazione della quale si sarebbe fatto tutti volentieri a meno.

Altre osservazioni…

È inoltre interessante osservare che:

  • l’invio dell’atto deliberativo alla Corte dei conti rappresenta la richiesta di un parere obbligatorio (solo per l’Amministrazione pubblica), ma non vincolante, in quanto il successivo comma 4 dell’art. 5 prevede che in caso di parere in tutto o in parte negativo, l’Amministrazione pubblica interessata può comunque procedere con la costituzione della società o l’acquisizione della partecipazione, ma è tenuta a motivare analiticamente le ragioni di questa scelta e a dare pubblicità tali ragioni sul proprio sito internet istituzionale (ma esistono amministratori e funzionari pubblici così coraggiosi?);
  • che la norma parla di “acquisizione della partecipazione diretta o indiretta”; pertanto, finiranno nella rete anche quelle operazioni straordinarie che, pur portando all’acquisizione di nuove partecipazioni, non comportano alcun nuovo rischio per le Amministrazioni pubbliche (pensiamo, per esempio, ad un’operazione di scorporo di un ramo d’azienda per motivi organizzativi da parte di una società partecipata direttamente da Amministrazioni pubbliche, con conferimento dello stesso in una newco, che diventa partecipata indiretta delle Amministrazioni pubbliche socie della società conferente. Formalmente l’Amministrazione acquisisce una nuova partecipazione indiretta – quella nella newco – ma dal punto di vista sostanziale non cambia nulla rispetto a prima).

Infine, per Regioni, enti locali, loro enti strumentali, università e altre istituzioni pubbliche regionali è competente ad analizzare l’atto deliberativo la competente Sezione regionale della Corte dei conti (previsione invariata). La segreteria della Sezione competente dovrà trasmette il parere all’Amministrazione pubblica interessata entro cinque giorni dal deposito e quest’ultima dovrà pubblicarlo entro cinque giorni dalla ricezione sul proprio sito internet istituzionale.

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I prossimi adempimenti in materia di anticorruzione e trasparenza https://www.alessandromanetti.com/prossimi-adempimenti-anticorruzione-trasparenza/ Mon, 24 Jan 2022 19:27:52 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2575 Come di consueto la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo rappresenta un periodo caratterizzato da diversi adempimenti in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza per le Amministrazioni pubbliche e gli organismi a controllo pubblico.   In particolare, sono quattro gli adempimenti a cui è necessario fare attenzione: la Relazione annuale del Responsabile […]

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Come di consueto la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo rappresenta un periodo caratterizzato da diversi adempimenti in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza per le Amministrazioni pubbliche e gli organismi a controllo pubblico.  

In particolare, sono quattro gli adempimenti a cui è necessario fare attenzione:

  1. la Relazione annuale del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza;
  2. l’individuazione degli obiettivi specifici in materia di anticorruzione e trasparenza;
  3. l’aggiornamento del Piano triennale della prevenzione della corruzione e per la trasparenza (P.T.P.C.T.);
  4. l’attestazione sulla trasparenza.

La Relazione annuale

È prevista al comma 14 dell’art. 1 della L. 190/2012, che stabilisce che, entro il 15 dicembre di ogni anno, il Responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza trasmette all’organismo indipendente di valutazione e all’organo di indirizzo politico una relazione sui risultati dell’attività svolta, da pubblicare sul sito internet dell’Amministrazione pubblica o dell’organismo in controllo pubblico. Si tratta, di fatto, del rendiconto delle misure di prevenzione della corruzione adottate e delle eventuali criticità rilevate.

Relativamente alla relazione sull’attività svolta nel 2021, il Presidente dell’ANAC ha posticipato il termine per questo adempimento al prossimo 31/01/2022 (comunicato del 17/11/2021).

La relazione può essere redatta anche rispondendo al questionario presente sul portale dell’ANAC oppure attraverso la compilazione del foglio Excel pubblicato sempre sul sito di tale Autorità.

L’individuazione degli obiettivi specifici in materia di anticorruzione e trasparenza

Secondo quanto indicato al comma 8 dell’art. 1 della L. 190/2012, tenuto conto dei risultati e delle indicazioni contenute nella relazione elaborata dal Responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, l’organo d’indirizzo politico dovrebbe individuare gli obiettivi strategici da perseguire per contribuire fattivamente alla repressione dei fenomeni corruttivi e per aumentare il grado di trasparenza dell’azione amministrativa. Si tratta di obiettivi importanti che consentono al suddetto Responsabile di aggiornare il P.T.P.C.T..

L’aggiornamento del Piano triennale della prevenzione della corruzione e per la trasparenza

Sempre il comma 8 sopra richiamato prevede che entro il 31 gennaio di ogni anno l’organo di indirizzo politico deve adottare il Piano triennale per la prevenzione della corruzione, su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, curandone la trasmissione all’ANAC.

Recentemente, il Presidente dell’ANAC ha prorogato il termine per l’aggiornamento del Piano 2022-2024 al prossimo 30/04/2022 (comunicato del 14/01/2022). Per le società “in house”, nelle quali l’organo d’indirizzo politico è sicuramente rappresentato dall’Assemblea – e non dall’organo amministrativo – si tratta di una buona notizia, che consentirà di evitare una convocazione a fine gennaio e di portare in approvazione l’aggiornamento del Piano nella stessa Assemblea convocata per l’approvazione del bilancio d’esercizio.

L’attestazione sulla trasparenza

Infine, non dobbiamo dimenticare l’attestazione sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione al 31 marzo di ogni anno, che l’art. 14, comma 4, lett. g) del D.lgs. n. 150/2009 pone in capo all’Organismo indipendente di valutazione della performance (o altro organismo di controllo comunque denominato).

Per il corretto adempimento è tuttavia necessario attendere la consueta deliberazione annuale dell’ANAC, che fissa termini e modalità delle verifiche da effettuare e, soprattutto, che approva la griglia di rilevazione da utilizzare. In questo caso, partire troppo presto utilizzando la griglia dell’anno precedente potrebbe risultare un errore.

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Le linee guida ANAC per l’affidamento agli organismi “in house” https://www.alessandromanetti.com/linee-guida-anac-affidamento-servizi-inhouse/ Wed, 08 Sep 2021 17:05:44 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2525 Dal 12 febbraio al 31 marzo 2021 l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ha posto in consultazione pubblica le nuove linee guida in materia di affidamenti “in house” di contratti aventi ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, ai sensi dell’art. 192, comma 2 del D.lgs. 50/2016, raccogliendo i contributi degli addetti ai lavori. […]

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Linee guida ANAC per affidamenti di servizi ad organismi "in house"

Dal 12 febbraio al 31 marzo 2021 l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ha posto in consultazione pubblica le nuove linee guida in materia di affidamenti “in house” di contratti aventi ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, ai sensi dell’art. 192, comma 2 del D.lgs. 50/2016, raccogliendo i contributi degli addetti ai lavori.

L’art. 192, comma 2 impone alle stazioni appaltanti, in caso di affidamento “in house”, un onere motivazionale aggravato, che presuppone lo svolgimento di un’indagine comparativa finalizzata a dimostrarne l’effettiva convenienza economica della proposta avanzata dall’organismo “in house” rispetto al ricorso al mercato. La Corte di giustizia Ue, con l’ordinanza del 06/02/2020 sulle cause C-89/19 e C-91/19, ha chiarito che l’art. 192, comma 2 non confligge con la normativa dell’Unione europea, risolvendo la questione posta dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 138/2019. Quindi, ad oggi non vi è alcun dubbio sul fatto che le stazioni appaltanti siano obbligate a verificare preventivamente la congruità dell’offerta ricevuta dalla società “in house” rispetto alle alternative presenti sul mercato. Però, il vero problema è come possono farlo.

Quella dell’art. 192, comma 2 è infatti una previsione di difficile attuazione pratica, attorno alla quale si è sviluppato un ambio dibattito, ma senza che siano emersi finora comportamenti univoci da parte delle stazioni appaltanti. C’è chi procede con lo strumento della manifestazione d’interesse, obbligando le imprese interessate ad impegnare tempo e risorse in procedure che poi, nella maggior parte dei casi, non portano a niente, chi affida a società specializzate il compito di effettuare l’indagine di mercato, con forti dubbi sulla correttezza dell’indagine svolta, e chi, infine, effettua complesse analisi volte a dimostrare la convenienza economica del modello “in house” rispetto ad altre soluzioni (a parere di chi scrive questa è la soluzione più corretta e pragmatica).

Sul tema è intervenuta recentemente anche l’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) che, su invito dell’ANAC, ha prodotto in data 15/07/2021 il parere n. 14/2021, dalla lettura del quale emergono i seguenti aspetti d’interesse:

  1. definizione dell’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 192, comma 2: la bozza di linee guida dell’ANAC, al punto 1.1 indentifica il campo soggettivo di applicazione dell’art. 192, comma 2 con le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società “in house” di cui all’art. 5 del codice, iscritti nell’elenco istituito presso l’ANAC ai sensi del primo comma dell’art. 192; l’ART ritiene condivisibile questa scelta, anche al fine di agevolare l’attività di verifica del rispetto della previsione normativa;
  2. estensione della previsione ai contratti aventi ad oggetto “lavori” e “forniture”: il testo dell’art. 192, comma 2 si riferisce ai soli “servizi”. In questo caso l’ART, pur condividendo le perplessità circa la motivazione sottesa alla diversa disciplina prevista per i servizi rispetto ai lavori e alle forniture, ritiene difficilmente sostenibile l’estensione oggettiva dell’art. 192, comma 2 anche a ulteriori tipologie di attività diverse dai “servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza”. Pertanto, visto che anche l’ANAC aveva manifestato perplessità al riguardo, è ragionevole aspettarsi che le linee guida definitive limiteranno l’ambito oggettivo di applicazione della norma ai soli servizi, salvo che nel frattempo il legislatore modifichi il testo dell’art. 192;
  3. momento di pubblicazione della motivazione: l’art. 192, comma 2 impone alle stazioni appaltanti di dare atto della motivazione del mancato ricorso al mercato nel provvedimento di affidamento. L’ANAC si è interrogata se non fosse preferibile anticipare la pubblicazione di tali motivazioni ad un momento precedente l’affidamento, rendendo effettiva e concreta la possibilità di controllo e di contestazione da parte dei soggetti interessati. Ma anche su questo punto l’ART ha ritenuto che la formulazione letterale della disposizione normativa non lasci spazio ad interpretazioni diverse da quella letterale; infatti, una collocazione anticipata della pubblicazione della motivazione rispetto al provvedimento di affidamento necessiterebbe di una specifica previsione normativa in tal senso. Però, per i servizi pubblici locali di rilevanza economica (servizi di interesse economico generale) le stazioni appaltanti sono tenute a pubblicare la relazione ex art. 34, comma 20 del D.L. 179/2012, nella quale gli organi di governo devono dare conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta, definendo, inoltre, gli obblighi di servizio pubblico e le relative compensazioni economiche. La disposizione non fissa un termine specifico, ma si limita a stabilire che “l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante”, circostanza che, secondo l’ART e il TAR Lombardia (sez. III, sentenza del 3 ottobre 2016, n. 1781), fa ritenere che la pubblicazione della relazione debba comunque precedere l’atto di affidamento o, al più, coincidere temporalmente con lo stesso.

Si ritiene che l’ART abbia dato un buon contributo per dissipare alcuni dubbi sull’interpretazione della disposizione normativa in commento, anche se il problema vero per gli addetti ai lavori resta quello dell’individuazione delle modalità pratiche per effettuare l’indagine comparativa, senza creare un appesantimento burocratico per l’Amministrazione, ma anche senza generare inutili costi per tutte quelle imprese che, interessate alla gestione del servizio, si rendono disponibili a fornire le informazioni necessarie per il confronto. Da questo punto di vista la bozza delle linee guida contiene pochi spunti interessanti.

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