società in controllo pubblico Archivi - Alessandro Manetti - Dottore Commercialista e Revisore Legale https://www.alessandromanetti.com/tag/societa-in-controllo-pubblico/ Consulenza e formazione per le imprese, per le Amministrazioni pubbliche e i loro organismi partecipati Tue, 24 Jan 2023 16:31:05 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.7 Alcuni princìpi per la selezione del personale nelle società a controllo pubblico https://www.alessandromanetti.com/principi-selezione-personale-societa-pubbliche/ Thu, 20 Oct 2022 16:53:26 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2614 L'articolo si sofferma sui princìpi che devono essere rispettati dalle società a controllo pubblico nelle procedure di selezione e reclutamento del personale.

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Recentemente il Tribunale di Aosta ha dichiarato la nullità di una selezione concorsuale effettuata da una società pubblica per non avere garantito il principio dell’anonimato delle prove scritte, secondo l’ormai consolidato orientamento del Consiglio di Stato (vedi Cons. Stato, adunanza plenaria del 20/11/2013). In pratica, la commissione esaminatrice aveva obbligato tutti i candidati a sottoscrivere ogni pagina delle prove scritte, senza alcun valido motivo, ed uno di questi ha deciso di ricorrere al Tribunale ordinario per chiedere l’annullamento della selezione, della relativa graduatoria finale e del contratto di lavoro nel frattempo stipulato con il candidato primo classificato.

Perché questa sentenza è interessante?

La sentenza è interessante perché contiene alcuni princìpi fondamentali in materia di selezioni pubbliche di personale effettuate dalle società a controllo pubblico, che possiamo riassumere nel modo seguente:

1. alle società a controllo pubblico non si possano applicare sic et simpliciter tutte le norme previste per le procedure concorsuali della pubblica amministrazione: infatti, la legislazione vigente consente a tali società di godere di ampia discrezionalità riguardo alle modalità di selezione del personale, in quanto viene loro consentito di autoregolamentare le procedure di reclutamento; in pratica, le società a controllo pubblico sono solo obbligate a rispettare i princìpi generali di trasparenza, pubblicità e imparzialità, previsti dall’art. 19, comma 2 del D.lgs. 175/2016 e i princìpi di economicità, celerità di espletamento delle procedure, rispetto delle pari opportunità fra lavoratrici e lavoratori, decentramento delle procedure di selezione, previsti all’art. 35, comma 3, del D.lgs. 165/2001, nonché quelli che hanno l’obiettivo di garantire l’imparzialità delle commissioni esaminatrici (vedi anche TAR Campania Napoli, sez. I, sentenza n. 1371 del 28/02/2022);

2. il provvedimento delle società a controllo pubblico che fissa i criteri e le modalità di reclutamento del personale (il c.d. “regolamento per il reclutamento del personale”), che le società in controllo pubblico devono obbligatoriamente adottare e pubblicare ex art. 19, comma 2 del D.lgs. 175/2016, nonché i singoli avvisi di selezione, sono considerati lex specialis delle procedure di selezione. Tuttavia, non è necessario che i provvedimenti e gli avvisi di selezione prevedano esplicitamente l’anonimato delle prove scritte, perché si tratta di un principio immanente dell’ordinamento, affermato dalla consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato;

3. sempre secondo consolidata giurisprudenza, al giudice non è mai consentito di sostituirsi alla commissione esaminatrice per compiere la valutazione tecnica (per esempio, la valutazione del curriculum dei candidati o delle prove effettuate). Tuttavia, la società pubblica resta soggetta, nell’individuazione dei candidati da assumere, oltre alle clausole dell’avviso, alle disposizioni collettive e procedimentali, nonché al controllo del giudice ordinario per quanto riguarda l’osservanza della normativa e dei princìpi che deve rispettare;

4. la società pubblica, nella procedura di selezione del personale, in ogni caso, non può esercitare una discrezionalità amministrativa, ma solo un’attività valutativa tecnica, che è sindacabile in sede giudiziale per quanto riguarda l’osservanza dei meccanismi procedimentali precostituiti e, in ogni caso, del principio generale di correttezza di cui all’art. 1175 del Codice civile (Cass. 3149-82, 6224-87, 5027-88, 5383-88, 4913-89, 12664-92);

5. l’avviso di selezione si configura come un’offerta al pubblico che, ai sensi dell’art. 1336, comma 1 del Codice civile, qualora contenga “gli estremi essenziali alla cui conclusione è diretta”, vale come proposta contrattuale (v. Cass. 19/04/2006, n. 9049, Id. 08/03/2007, n. 5295, Id. 21/08/2004, n. 16501); pertanto, il candidato può pretendere dalla società pubblica l’esatta osservanza di quanto stabilito nell’avviso e il rispetto dai generali princìpi di correttezza e buona fede (che si concretizzano nei princìpi di trasparenza, pubblicità ed imparzialità previsti dall’art. 19 del D.lgs. 175/2016). Qualora ciò non avvenga può adire il giudice per ottenere l’adempimento e/o il risarcimento del danno, senza però poter pretendere, come già detto, che il giudice si sostituisca alla società pubblica nel compimento della valutazione tecnica. Il candidato ha quindi un interesse legittimo di diritto privato.

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Il parere obbligatorio, ma non vincolante, della Corte dei conti sulle delibere di costituzione di nuove società pubbliche https://www.alessandromanetti.com/parere-corte-dei-conti-atto-deliberativo-2/ Tue, 13 Sep 2022 10:30:56 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2605 Il comma 3 dell’art. 5 del TUSP prevede oggi l’obbligo per l’Amministrazione pubblica di inviare l’atto deliberativo sia all’Antitrust, che alla Corte dei conti, introducendo un vero e proprio “periodo di sospensione” degli effetti dell’atto deliberativo dell’Amministrazione pubblica interessata.

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Nuovi obblighi in capo alle Amministrazioni pubbliche. L’art. 11, comma 1, lett. a), nn. 1) e 2) della Legge 5 agosto 2022, n. 118 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021) ha modificato in modo significativo il procedimento che le Amministrazioni pubbliche devono seguire per costituire nuove società partecipate o per acquisire una partecipazione di società già esistenti.

Cos’è stato modificato?

La disposizione richiamata modifica il comma 3 e 4 dell’art. 5 del D.lgs. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) rendendo il procedimento, tanto per cambiare, più gravoso di quello previsto in precedenza. Infatti, mentre prima della modifica le Amministrazioni pubbliche erano obbligate ad inviare alla Corte dei conti l’atto con cui deliberavano la costituzione della nuova società o l’acquisizione di una partecipazione – diretta o indiretta – solo per mere finalità conoscitive, oggi sono obbligate ad attivare un vero e proprio procedimento istruttorio. Infatti, il comma 3 dell’art. 5 prevede oggi l’obbligo per l’Amministrazione pubblica di inviare l’atto deliberativo sia all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che alla Corte dei conti. Tuttavia, mentre per l’Antitrust è prevista una generica possibilità di esercitare i poteri di cui all’art. 21-bis della legge 287/1990 – quindi, la trasmissione dell’atto continua ad avere carattere meramente informativo – per la Corte dei conti la norma è più incisiva. In particolare, è previsto che la Corte delibera, entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento, in ordine alla conformità dell’atto a quanto disposto dai commi 1 e 2 del presente articolo, nonché dagli articoli 4, 7 e 8, con particolare riguardo alla sostenibilità finanziaria e alla compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa.”.

Quali sono gli effetti pratici di queste novità?

Il nuovo comma 3 dell’art. 5 introduce un vero e proprio “periodo di sospensione” degli effetti dell’atto deliberativo dell’Amministrazione pubblica interessata (con buona pace per i sostenitori dell’autonomia degli enti locali), in attesa del pronunciamento della Corte dei conti o della decorrenza del termine di sessanta giorni.

Questa circostanza rappresenta un problema non di poco conto, in quanto l’esperienza dimostra che nella prassi le operazioni di costituzione di nuove società o di acquisto di partecipazioni da parte delle Amministrazioni pubbliche prevedono quasi sempre tempi molto stretti e scadenze perentorie. Per cui sospendere l’efficacia di una deliberazione per sessanta giorni rappresenta un’ulteriore complicazione della quale si sarebbe fatto tutti volentieri a meno.

Altre osservazioni…

È inoltre interessante osservare che:

  • l’invio dell’atto deliberativo alla Corte dei conti rappresenta la richiesta di un parere obbligatorio (solo per l’Amministrazione pubblica), ma non vincolante, in quanto il successivo comma 4 dell’art. 5 prevede che in caso di parere in tutto o in parte negativo, l’Amministrazione pubblica interessata può comunque procedere con la costituzione della società o l’acquisizione della partecipazione, ma è tenuta a motivare analiticamente le ragioni di questa scelta e a dare pubblicità tali ragioni sul proprio sito internet istituzionale (ma esistono amministratori e funzionari pubblici così coraggiosi?);
  • che la norma parla di “acquisizione della partecipazione diretta o indiretta”; pertanto, finiranno nella rete anche quelle operazioni straordinarie che, pur portando all’acquisizione di nuove partecipazioni, non comportano alcun nuovo rischio per le Amministrazioni pubbliche (pensiamo, per esempio, ad un’operazione di scorporo di un ramo d’azienda per motivi organizzativi da parte di una società partecipata direttamente da Amministrazioni pubbliche, con conferimento dello stesso in una newco, che diventa partecipata indiretta delle Amministrazioni pubbliche socie della società conferente. Formalmente l’Amministrazione acquisisce una nuova partecipazione indiretta – quella nella newco – ma dal punto di vista sostanziale non cambia nulla rispetto a prima).

Infine, per Regioni, enti locali, loro enti strumentali, università e altre istituzioni pubbliche regionali è competente ad analizzare l’atto deliberativo la competente Sezione regionale della Corte dei conti (previsione invariata). La segreteria della Sezione competente dovrà trasmette il parere all’Amministrazione pubblica interessata entro cinque giorni dal deposito e quest’ultima dovrà pubblicarlo entro cinque giorni dalla ricezione sul proprio sito internet istituzionale.

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I prossimi adempimenti in materia di anticorruzione e trasparenza https://www.alessandromanetti.com/prossimi-adempimenti-anticorruzione-trasparenza/ Mon, 24 Jan 2022 19:27:52 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=2575 Come di consueto la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo rappresenta un periodo caratterizzato da diversi adempimenti in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza per le Amministrazioni pubbliche e gli organismi a controllo pubblico.   In particolare, sono quattro gli adempimenti a cui è necessario fare attenzione: la Relazione annuale del Responsabile […]

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Come di consueto la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo rappresenta un periodo caratterizzato da diversi adempimenti in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza per le Amministrazioni pubbliche e gli organismi a controllo pubblico.  

In particolare, sono quattro gli adempimenti a cui è necessario fare attenzione:

  1. la Relazione annuale del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza;
  2. l’individuazione degli obiettivi specifici in materia di anticorruzione e trasparenza;
  3. l’aggiornamento del Piano triennale della prevenzione della corruzione e per la trasparenza (P.T.P.C.T.);
  4. l’attestazione sulla trasparenza.

La Relazione annuale

È prevista al comma 14 dell’art. 1 della L. 190/2012, che stabilisce che, entro il 15 dicembre di ogni anno, il Responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza trasmette all’organismo indipendente di valutazione e all’organo di indirizzo politico una relazione sui risultati dell’attività svolta, da pubblicare sul sito internet dell’Amministrazione pubblica o dell’organismo in controllo pubblico. Si tratta, di fatto, del rendiconto delle misure di prevenzione della corruzione adottate e delle eventuali criticità rilevate.

Relativamente alla relazione sull’attività svolta nel 2021, il Presidente dell’ANAC ha posticipato il termine per questo adempimento al prossimo 31/01/2022 (comunicato del 17/11/2021).

La relazione può essere redatta anche rispondendo al questionario presente sul portale dell’ANAC oppure attraverso la compilazione del foglio Excel pubblicato sempre sul sito di tale Autorità.

L’individuazione degli obiettivi specifici in materia di anticorruzione e trasparenza

Secondo quanto indicato al comma 8 dell’art. 1 della L. 190/2012, tenuto conto dei risultati e delle indicazioni contenute nella relazione elaborata dal Responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, l’organo d’indirizzo politico dovrebbe individuare gli obiettivi strategici da perseguire per contribuire fattivamente alla repressione dei fenomeni corruttivi e per aumentare il grado di trasparenza dell’azione amministrativa. Si tratta di obiettivi importanti che consentono al suddetto Responsabile di aggiornare il P.T.P.C.T..

L’aggiornamento del Piano triennale della prevenzione della corruzione e per la trasparenza

Sempre il comma 8 sopra richiamato prevede che entro il 31 gennaio di ogni anno l’organo di indirizzo politico deve adottare il Piano triennale per la prevenzione della corruzione, su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, curandone la trasmissione all’ANAC.

Recentemente, il Presidente dell’ANAC ha prorogato il termine per l’aggiornamento del Piano 2022-2024 al prossimo 30/04/2022 (comunicato del 14/01/2022). Per le società “in house”, nelle quali l’organo d’indirizzo politico è sicuramente rappresentato dall’Assemblea – e non dall’organo amministrativo – si tratta di una buona notizia, che consentirà di evitare una convocazione a fine gennaio e di portare in approvazione l’aggiornamento del Piano nella stessa Assemblea convocata per l’approvazione del bilancio d’esercizio.

L’attestazione sulla trasparenza

Infine, non dobbiamo dimenticare l’attestazione sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione al 31 marzo di ogni anno, che l’art. 14, comma 4, lett. g) del D.lgs. n. 150/2009 pone in capo all’Organismo indipendente di valutazione della performance (o altro organismo di controllo comunque denominato).

Per il corretto adempimento è tuttavia necessario attendere la consueta deliberazione annuale dell’ANAC, che fissa termini e modalità delle verifiche da effettuare e, soprattutto, che approva la griglia di rilevazione da utilizzare. In questo caso, partire troppo presto utilizzando la griglia dell’anno precedente potrebbe risultare un errore.

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L’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di trasparenza https://www.alessandromanetti.com/lattestazione-dellassolvimento-degli-obblighi-di-trasparenza/ Mon, 16 Mar 2020 14:59:43 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=1786 L’art. 14, comma 4, lettera g) del D.lgs. 150/2009 stabilisce che l’organismo indipendente di valutazione (OIV) o organismi con funzioni analoghe, promuove e attesta l’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all’integrità, secondo criteri e modalità stabiliti dall’ANAC (ai sensi dell’art. 45, comma 1 del D.lgs. 33/2013). Quali soggetti sono tenuti alla pubblicazione Sono tenuti […]

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assolvimento degli obblighi di trasparenzaL’art. 14, comma 4, lettera g) del D.lgs. 150/2009 stabilisce che l’organismo indipendente di valutazione (OIV) o organismi con funzioni analoghe, promuove e attesta l’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all’integrità, secondo criteri e modalità stabiliti dall’ANAC (ai sensi dell’art. 45, comma 1 del D.lgs. 33/2013).

Quali soggetti sono tenuti alla pubblicazione

Sono tenuti alla pubblicazione dell’attestazione tutte le amministrazioni pubbliche, le società e gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico, le società e agli altri enti di diritto privato partecipati, ma non in situazione di controllo (limitatamente alle attività di pubblico interesse svolte), nonché gli ordini professionali.

Termini di pubblicazione per il 2020

A causa dell’emergenza da virus COVID-19, con il comunicato del Presidente del 12/03/2020 l’ANAC ha rinviato dal 30/04/2020 al 31/07/2020 il termine di pubblicazione dell’attestazione degli Organismi indipendenti di valutazione circa l’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all’integrità. L’attestazione dovrà riferirsi alla valutazione della situazione al 30/06/2020.

Novità

Da quest’anno, inoltre, l’attestazione dovrà anche evidenziare l’assenza di filtri e/o altre soluzioni tecniche atte a impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche all’interno della sezione “Amministrazione o società trasparente”, salvo le ipotesi consentite dalla normativa vigente.

Per ulteriori approfondimenti sugli obblighi di attestazione, vedi Delibera ANAC n. 213 del 04 marzo 2020.

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La ricognizione del personale delle società pubbliche dopo il decreto Milleproroghe 2020 https://www.alessandromanetti.com/la-ricognizione-delle-spese-di-personale-delle-societa-pubbliche-dopo-il-decreto-milleproroghe-2020/ Fri, 13 Mar 2020 17:49:45 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=1782 Il D.L. 30 dicembre 2019, n. 162 (c.d. “Decreto milleproroghe 2020”), convertito, con modificazioni, in Legge 28 febbraio 2020, n. 8, ha introdotto alcune rilevanti novità in materia di personale delle società a controllo pubblico. Non pago del fallimento del precedente tentativo di riduzione dei dipendenti delle società in controllo pubblico della fine del 2017, […]

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Il D.L. 30 dicembre 2019, n. 162 (c.d. “Decreto milleproroghe 2020”), convertito, con modificazioni, in Legge 28 febbraio 2020, n. 8, ha introdotto alcune rilevanti novità in materia di personale delle società a controllo pubblico.

Non pago del fallimento del precedente tentativo di riduzione dei dipendenti delle società in controllo pubblico della fine del 2017, con la previsione contenuta all’art. 1, comma 10-novies del Decreto Milleproroghe, il legislatore ha modificato l’art. 25 del D.lgs. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) introducendo un nuovo obbligo di ricognizione del personale in servizio e di segnalazione delle eventuali eccedenze.

Tuttavia, mentre il tentativo del 2017 era abbinato al divieto per le società a controllo pubblico di procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo i nominativi dall’elenco degli esuberi, il tentativo odierno appare più limitato: con la modifica dell’art. 25 è stato riproposto l’obbligo di ricognizione e segnalazione delle eccedenze, ma non il divieto di cui sopra. Pertanto, ad oggi le società in controllo pubblico possono continuare ad effettuare nuove assunzioni, sia a tempo determinato che indeterminato, attraverso proprie procedure selettive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei princìpi e delle modalità stabilite dall’art. 19 del D.lgs. 175/2016.

Scendendo nei particolari della disciplina contenuta nel nuovo art. 25, ci accorgiamo che questa prevede che entro il 30 settembre di ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 le società a controllo pubblico dovranno effettuare la ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze, anche al fine di agevolare l’attività di revisione delle partecipazioni (la norma, in realtà, fa erroneamente riferimento all’art. 24 del D.lgs. 175/2016, relativo all’attività di revisione “straordinaria” delle partecipazioni, attività che è stata conclusa alla fine del 2017! Sarebbe stato più corretto fare riferimento all’art. 20, relativo alla razionalizzazione “periodica” delle partecipazioni). Si tratta quindi di una ricognizione che le società in controllo pubblico dovranno necessariamente effettuare, anche se non avranno personale in esubero da dichiarare. Per come è scritta la norma, infatti, pare non ci sia altra strada che appuntarsi fin da ora in agenda la convocazione di una seduta del Consiglio di Amministrazione per la fine di settembre 2020, in modo da lasciare a verbale che l’attività di ricognizione è stata correttamente svolta.

L’elenco del personale eventualmente eccedente, con la puntuale indicazione dei profili posseduti da ciascun lavoratore, dovrà essere trasmesso alla Regione nel cui territorio la società ha sede legale, secondo le modalità che saranno stabilite con successivo decreto, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Speriamo che questa volta il decreto venga emanato entro tempi tali da consentire alle Regioni di poter svolgere la propria attività di ricollocamento regionale del personale.

Infatti, in base a quanto stabilito dal nuovo comma 2 dell’art. 25, le Regioni hanno l’obbligo di formare e gestire l’elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti, nonché quello di agevolare i processi di mobilità in ambito regionale, con le modalità che verranno stabilite dal decreto ministeriale, previo accordo con le organizzazioni sindacali più rappresentative. In pratica, le Regioni dovranno agevolare la riallocazione totale o parziale del personale in eccedenza presso altre società controllate dal medesimo ente o da altri enti della stessa regione, sulla base di un accordo tra le società interessate. Ma per fare questo le Regioni avranno tempo solo fino al 30 settembre dell’anno successivo a quello in cui sono stati dichiarati gli esuberi; infatti, trascorso tale termine, gli elenchi dei lavoratori non ricollocati dovranno essere trasmessi all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal), che gestirà gli elenchi d’intesa con ciascuna regione territorialmente competente. Questo passaggio probabilmente implicherà un allagamento dell’area geografica in cui il lavoratore in esubero potrà essere ricollocato.

Infine, tenuto conto che le disposizioni del D.lgs. 175/2016 si applicano solo agli organismi costituiti in forma societaria, anche consortile e cooperativa, il comma 10-decies dell’art. 1 del Decreto Milleproroghe ha previsto espressamente che l’obbligo di ricognizione sopra illustrato, salva diversa disciplina normativa a tutela dei lavoratori, dovrà essere applicato anche ai dipendenti dei consorzi e delle aziende costituiti, rispettivamente, ai sensi degli articoli 31 e 114 del Testo unico degli Enti locali, che alla data del 1° marzo 2020 risultino già posti in liquidazione da parte delle amministrazioni pubbliche.

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La definizione di “società a controllo pubblico” https://www.alessandromanetti.com/la-definizione-di-societa-a-controllo-pubblico/ Tue, 09 Jul 2019 11:18:45 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=1728 Le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti sono intervenute con la deliberazione n. 11 del 20/06/2019 sulla definizione di “società a controllo pubblico”, chiarendo che rientrano in tale categoria anche le società partecipate da più Amministrazioni pubbliche, ciascuna delle quali titolare di diritti di voto inferiori al 50% di quelli complessivi, […]

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lettura di un testo con la lente di ingrandimentoLe Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti sono intervenute con la deliberazione n. 11 del 20/06/2019 sulla definizione di “società a controllo pubblico”, chiarendo che rientrano in tale categoria anche le società partecipate da più Amministrazioni pubbliche, ciascuna delle quali titolare di diritti di voto inferiori al 50% di quelli complessivi, le quali siano complessivamente in grado di disporre nell’assemblea ordinaria dei voti previsti dall’art. 2359 del Codice civile.

Si tratta di una presa di posizione molto importante, in quanto pone fine ad un dibattito che andava avanti dal 2016 e che elimina i dubbi interpretativi che avevano consentito a molte società a partecipazione pubblica plurima di sottrarsi alla maggior parte delle disposizioni contenute nel D.lgs. 175/2016 (TUSP).

I dubbi interpretativi erano sorti con riferimento alla definizione di “controllo” prevista all’art. 2, comma 1, lettera b), del suddetto decreto e a quella di “società a controllo pubblico” prevista alla successiva lettera m). Secondo il D.lgs. 175/2016, infatti:

  • per “controllo”, si intende “la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”;
  • per “società a controllo pubblico”, invece, si intendono quelle in cui “una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b)”.

La Corte dei Conti nella deliberazione n. 11/2019 richiama la giurisprudenza e i diversi pronunciamenti esistenti in materia, fra cui l’orientamento del 15/02/2018 della Struttura di monitoraggio e controllo delle partecipazioni pubbliche del Ministero dell’economia e delle finanze, mettendo in luce i seguenti aspetti:

  1. le definizioni di “controllo”, contemplate dal D.lgs. 175/2016, rilevano ai soli fini dell’esatta perimetrazione, oggettiva e soggettiva, delle disposizioni di tale testo unico e non anche per l’applicazione di altre norme, in particolare del Codice civile;
  2. il D.lgs. 175/2016 dispone che, sulle stesse materie, le norme del Codice civile e, in generale, le norme di diritto privato, sono recessive rispetto alle norme contenute nel testo unico; tale criterio di prevalenza vale quindi anche in sede di individuazione dell’aggregato delle “società a controllo pubblico”;
  3. le definizioni di “controllo” contenute nel D.lgs. 175/2016 sono più ampie (o comunque non esattamente coincidenti) di quelle civilistiche;
  4. l’interpretazione letterale dell’art. 2 del D.lgs. 175/2016, basata sul combinato disposto delle lettere b) ed m) e del richiamo integrale della seconda alla prima e della riferibilità della situazione descritta dall’art. 2359 del Codice civile a “una o più” amministrazioni pubbliche socie, è ritenuta anche funzionale all’obiettivo del legislatore di assoggettare le “società a controllo pubblico” a disposizioni più stringenti rispetto a quelle, sicuramente meno rigorose, rivolte agli organismi a mera partecipazione pubblica;
  5. in base al combinato disposto dell’art. 2, comma 1, lett. b) e m), del D.lgs. 175/2016 e dell’art. 2359 del Codice civile le Amministrazioni pubbliche socie vengono individuate come un soggetto unitario, indipendentemente dal fatto che il controllo venga svolto da una sola Amministrazione o da più di esse cumulativamente.

Infine, molto importante è anche l’affermazione della Corte circa l’obbligatorietà della formalizzazione degli strumenti necessari per esercitare un’influenza dominante sulla società. Secondo i magistrati contabili, infatti, nel caso di società a maggioranza o integralmente pubbliche le Amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo (e non la facoltà) di attuare, e formalizzare, misure e strumenti coordinati di controllo, quali la stipula di apposti patti parasociali e/o la modifica delle clausole statutarie.

La Corte conclude affermando che “sia sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle “società a controllo pubblico”, rilevante quale ambito di applicazione, soggettivo o oggettivo, di alcune disposizioni del D.lgs. n. 175 del 2016, che una o più amministrazioni pubbliche dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 del codice civile”.

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Società pubbliche https://www.alessandromanetti.com/societa-pubbliche/ Fri, 24 May 2019 07:41:14 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?page_id=1634  

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Con l’approvazione del D.lgs. 175/2016 “Testo unico delle società a partecipazione pubblica” (TUSP), attuativo della c.d. Riforma Madia, il complesso mondo delle società partecipate dalle Amministrazioni pubbliche ha trovato finalmente una propria disciplina organica, sebbene non siano stati ancora approvati alcuni decreti attuativi.

Destinatari delle norme del TUSP sono principalmente le amministrazioni pubbliche e le società in controllo pubblico.

Sono questi i soggetti principali con cui collaboro da più di 10 anni e per i quali ho elaborato business plan e piani economico-finanziari, progettato ed implemento sistemi di “controllo analogo”, adeguato gli statuti societari, effettuato operazioni di razionalizzazione ed integrazione societaria, valutato partecipazioni, predisposto regolamenti per il reclutamento del personale, elaborato avvisi di selezione pubblica dei dipendenti, creato sistemi di valutazione delle performance del personale, ottenuto finanziamenti per la realizzazione di opere, effettuato operazioni di ristrutturazione del debito, predisposto bandi pubblici per l’acquisizione di beni, servizi e lavori.

 

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Gli incentivi tecnici nelle società “in house” https://www.alessandromanetti.com/gli-incentivi-tecnici-nelle-societa-in-house/ Mon, 07 Jan 2019 09:13:05 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=1577 L’art. 113 del D.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) prevede che le “amministrazioni aggiudicatrici” destinano ad un apposito fondo risorse finanziarie in misura non superiore al 2% da calcolare sull’importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara, da destinare alle funzioni tecniche svolte dai dipendenti dell’amministrazione. L’evoluzione normativa L’introduzione nell’ordinamento degli incentivi […]

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progettazioneL’art. 113 del D.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) prevede che le “amministrazioni aggiudicatrici” destinano ad un apposito fondo risorse finanziarie in misura non superiore al 2% da calcolare sull’importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara, da destinare alle funzioni tecniche svolte dai dipendenti dell’amministrazione.

  1. L’evoluzione normativa

L’introduzione nell’ordinamento degli incentivi tecnici risale alla L. 109/1994 (Legge Merloni), il cui art. 18 prevedeva la ripartizione tra determinati soggetti di un incentivo “per la progettazione”, che la norma quantificava in una somma non superiore all’1,5% dell’importo posto a base di gara di un’opera o di un lavoro.

Successivamente, la suddetta previsione venne trasfusa nell’art. 92, commi 5 e 6 del D.lgs. 63/2006 (Codice degli appalti), con alcune innovazioni quali il tetto all’incentivo e la necessità, ai fini della sua concreta erogazione, del previo positivo accertamento della attività svolta.

Nel 2014 il legislatore ha ridisegnato in maniera incisiva la disciplina: con il D.L. 90/2014 sono stati abrogati i commi 5 e 6 dell’art. 92 del Codice dei contratti e sono stati aggiunti una serie di commi all’art. 93, ponendo quindi le basi per arrivare alla disciplina attuale.

Dall’analisi delle norme che si sono succedute nel tempo emerge chiaramente come il legislatore abbia modificato la sua posizione: l’originaria volontà di spostare all’interno degli uffici le attività di progettazione e le capacità professionali di elevato profilo è stata gradualmente affiancata, e poi sostituita, dalla volontà di accrescere efficienza ed efficacia di attività tipiche dell’amministrazione, passibili di divenire economicamente rilevanti nella misura in cui producono risparmi in termini di rispetto dei tempi e di riduzione di varianti in corso d’opera.

  1. L’applicazione alle società “in house”

Per “amministrazione aggiudicatrice” il Codice dei contratti pubblici intende “le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti;” (art. 3, comma 1, let. a)).

Per “organismi di diritto pubblico” si intendono “qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV:

1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

2) dotato di personalità giuridica;

3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.” (art. 3, comma 1, let. d)).

Le società “in house” soddisfano contemporaneamente tutti e tre i requisiti sopra indicati; per tale motivo, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee e la prevalente dottrina, le stesse sono da considerare organismi di diritto pubblico, ancorché aventi natura societaria. Tali società, infatti, sono costituite per soddisfare esigenze d’interesse generale, sono dotate di personalità giuridica, sono soggette al controllo delle Amministrazioni pubbliche socie, controllo che si esplica anche, ma non solo, attraverso la nomina dei componenti dell’organo amministrativo.

Inoltre, l’art. 16, comma 7 del D.lgs. 175/2016 (Testo Unico delle società a partecipazione pubblica) prevede che “Le società di cui al presente articolo [società “in house”, n.d.r.] sono tenute all’acquisto di lavori, beni e servizi secondo la disciplina di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016. […]”.

Risulta quindi chiaro che le società “in house”, essendo considerate degli organismi di diritto pubblico ed essendo obbligate ad applicare il Codice dei contratti pubblici per espressa previsione normativa, sono tenute a dare attuazione anche alla previsione di cui all’art. 113 del Codice e, di conseguenza, a costituire il fondo per gli incentivi al personale tecnico.

Infine, è da tenere presente che l’art. 1, comma 3, del D.lgs. 50/2016 prevede delle ipotesi di disapplicazione dell’art. 113 in commento; per le società “in house” tali ipotesi hanno effetto limitato. Infatti, secondo l’art. 1 comma 3, l’art. 113 non può essere applicato alle società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non siano organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, oppure che affidano lavori, servizi e forniture di cui agli artt. 115-121 del Codice.

  1. La contrattazione collettiva ed il regolamento

Per la costituzione e gestione del fondo l’art. 113 del Codice dei contratti pubblici fissa alcuni princìpi generali, rimandando alla contrattazione collettiva e ad uno specifico regolamento che l’Amministrazione aggiudicatrice (e quindi anche la società “in house”) dovrà necessariamente predisporre prima dell’erogazione di qualsiasi incentivo.

L’adozione del regolamento da parte della singola amministrazione aggiudicatrice è infatti “conditio sine qua non” per attuare il riparto del fondo tra gli aventi diritto.

Al regolamento non può essere data efficacia retroattiva.

  1. Le attività incentivabili

Il fondo è destinato alle funzioni tecniche svolte dai dipendenti dell’amministrazione aggiudicatrice esclusivamente per le seguenti attività:

  1. programmazione della spesa per investimenti;
  2. valutazione preventiva dei progetti;
  3. predisposizione e controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici;
  4. attività di Responsabile Unico del Procedimento (RUP);
  5. direzione dei lavori;
  6. direzione dell’esecuzione;
  7. collaudo tecnico amministrativo;
  8. verifica di conformità;
  9. collaudatore statico.

Qualora vi siano in essere contratti o convenzioni che prevedono modalità diverse di retribuzione delle funzioni tecniche svolte dai dipendenti dell’amministrazione aggiudicatrice, quest’ultima non dovrà/potrà costituire il fondo incentivante.

Coloro che costituiscono o si avvalgono di una centrale di committenza possono destinare il fondo o parte di esso ai dipendenti di tale centrale.

Nel caso di appalti relativi a servizi o forniture l’amministrazione aggiudicatrice potrà costituire il fondo solo nel caso in cui sia nominato il direttore dell’esecuzione (che, ai sensi dell’art. 111, comma 2, del D.lgs. 50/2016, nei contratti di servizi o di forniture è, di norma, il responsabile unico del procedimento).

  1. Determinazione del fondo

Il fondo viene determinato a valere sugli stanziamenti previsti per i singoli appalti di lavori, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti.

La magistratura contabile ha sostenuto che il fondo può essere accantonato solo in presenza di una procedura di gara o, in generale, una procedura competitiva. Ne consegue che sono escluse ai fini di accantonamento del fondo in questione gli importi di lavori ed altri investimenti attuati con procedure di somma urgenza o ad affidamento diretto (Sezione di controllo della Corte dei Conti per la Toscana, deliberazione n. 186/2017/PAR). Pertanto, per i lavori, servizi e forniture affidati ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a) del Codice dei contratti (affidamenti diretti di importo inferiore a 40.000) non possono essere riconosciuti e liquidati gli incentivi (Sezione di controllo della Corte dei Conti per le Marche, deliberazione n. 28/2018/PAR).

Qualora la società “in house” svolga le funzioni di contrale di committenza, ai sensi dell’art. 4, comma 2, let. e) del D.lgs. 175/2016, la stessa può richiedere agli enti per i quali svolge tale funzione il riconoscimento di una quota parte, non superiore ad un quarto, dell’incentivo previsto all’art. 113, comma 2.

La Sezione Autonomie della Corte dei Conti ha recentemente affermato, con riferimento alle Amministrazioni pubbliche, che “Gli incentivi disciplinati dall’art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016 nel testo modificato dall’art. 1, comma 526, della legge n. 205 del 2017, erogati su risorse finanziarie individuate ex lege facenti capo agli stessi capitoli sui quali gravano gli oneri per i singoli lavori, servizi e forniture, non sono soggetti al vincolo posto al complessivo trattamento economico accessorio dei dipendenti degli enti pubblici dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017(deliberazione n. 6/SEZAUT/2018/QMIG). Pertanto, almeno per le attività svolte e concluse dal 1° gennaio 2018, gli incentivi di cui all’articolo 113 in commento sono da escludere nel tetto dei trattamenti accessori di cui all’art. 1, comma 236 della L. 208/2015 (Legge di stabilità 2016). Il principio affermato dalla Corte dei Conti non ha rilevanza per le società “in house”, posto che per queste la previsione degli incentivi tecnici dovrà essere autorizzata dall’Amministrazione pubblica controllante che, ai sensi dell’art. 19, comma 5 del D.lgs. 175/2016, ha l’obbligo di fissare, con propri provvedimenti, gli obiettivi specifici, sia annuali che pluriennali, a cui le società devono tendere, con riferimento al complesso delle spese di funzionamento, fra cui vi rientrano anche quelle relative al personale.

Inoltre, per costante giurisprudenza, l’incentivo non può essere calcolato sugli appalti che hanno ad oggetto interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, anche se tali attività di manutenzione non sono espressamente escluse dall’art. 113. Secondo la Corte dei Conti, l’avverbio “esclusivamente”, che è stato utilizzato dal legislatore al comma 2 di tale articolo per individuare le attività per lo svolgimento delle quali può essere previsto un compenso specifico e aggiuntivo, “deve essere interpretato nel senso della tassatività delle attività incentivabili. Pertanto non essendo stata espressamente ricompresa l’attività di manutenzione, ne discende che non può essere prevista per la stessa nessuna remunerazione ai sensi dell’articolo 113 d.lgs. 50/2016” (Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna, deliberazione n. 118/2016, Sezione di controllo della Corte dei Conti per la Toscana, deliberazione n. 186/2017/PAR).

Per quanto attiene agli acquisti effettuati tramite adesioni alle convenzioni Consip e Mepa o simili, la Corte dei Conti (Sez. Regionale di Controllo per la Lombardia, deliberazione n. 185/2017/PAR), confermando la posizione di altre sezioni, ha chiarito che l’art. 113 riconosce l’incentivo “esclusivamente” per le attività ivi indicate; tale avverbio esprime con chiarezza l’intenzione del legislatore di riconoscere il compenso incentivante limitatamente alle attività espressamente previste, ove effettivamente svolte. Quindi, l’elencazione contenuta nella norma deve essere considerata tassativa, in quanto la disciplina degli incentivi, derogatoria rispetto al principio di onnicomprensività della retribuzione dei dipendenti pubblici (e quindi anche dei dipendenti delle società “in house”), è da considerarsi di stretta interpretazione e non suscettibile di estensione analogica. Tuttavia, secondo la Corte dei Conti spetta comunque all’ente la valutazione, caso per caso, dell’applicabilità o meno dell’incentivo per gli acquisti effettuati tramite sistemi di e-procurement, in quanto anche in tali situazioni possono essere presenti attività incentivabili (per esempio, la programmazione degli investimenti). Tuttavia, nonostante questa apertura, la concreta applicazione dell’incentivo ai casi appena analizzati appare piuttosto difficile, anche tenuto conto che il comma 5 dell’art. 113 ritiene incentivabili le attività svolte dalla centrale di committenza (Consip, Mepa, ecc.).

  1. La ripartizione del fondo

L’80% delle risorse del fondo deve essere ripartito, per ciascuna opera o lavoro, servizio, fornitura con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale, sulla base di apposito regolamento adottato dall’amministrazione aggiudicatrice, tra:

  • il responsabile unico del procedimento;
  • i soggetti che svolgono le funzioni tecniche ed i loro collaboratori.

Gli importi sono comprensivi anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’Amministrazione.

Ai sensi dell’art. 113, comma 3, ultimo periodo del D.lgs. n. 50/2016 è escluso dalla ripartizione dell’incentivo il personale con qualifica dirigenziale.

L’amministrazione aggiudicatrice deve stabilire anche i criteri e le modalità di riduzione degli incentivi connessi alla singola opera o lavoro, a fronte di eventuali incrementi dei tempi o dei costi non conformi alle norme del Codice dei contratti pubblici.

Il restante 20%  delle risorse del fondo, ad esclusione di quelle derivanti da finanziamenti europei o da altri finanziamenti a destinazione vincolata, deve essere destinato all’acquisto da parte dell’amministrazione di beni, strumentazioni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione, anche  per  il  progressivo  uso  di  metodi e strumenti elettronici specifici di modellazione elettronica informativa per l’edilizia e le infrastrutture, di implementazione delle banche dati per il controllo e il miglioramento della capacità di spesa e di efficientamento informatico, con particolare riferimento alle metodologie e strumentazioni  elettroniche per  i  controlli. Inoltre, una parte delle risorse può essere destinata all’attivazione presso l’amministrazione aggiudicatrice di tirocini formativi e di orientamento ex all’art. 18 Legge 196/1997 o per lo svolgimento di dottorati di ricerca di alta qualificazione nel settore dei contratti pubblici, previa sottoscrizione di apposite convenzioni con le Università e gli istituti scolastici superiori.

Da tenere presente anche che l’incentivo è riservato al personale interno all’ente; pertanto, nel caso in cui vengano incaricati di taluni servizi tecnici (per esempio, il collaudo) dei dipendenti pubblici di altre amministrazioni, “è auspicabile che la remunerazione della prestazione […] sia oggetto di apposite intese fra le pubbliche amministrazioni, utilizzando l’incentivo […] del Codice come termine di raffronto, fatto salvo il rimborso delle spese sostenute per l’espletamento dell’incarico” (AVCP, determinazione n. 2 del 25 febbraio 2009). In tali casi, gli incentivi corrispondenti a prestazioni affidate a soggetti esterni all’Amministrazione vanno comunque ad incrementare il montante del fondo.

  1. La corresponsione degli incentivi

La corresponsione degli incentivi è disposta dal dirigente o dal responsabile di servizio competente, previo accertamento delle specifiche attività svolte dal personale tecnico.

Gli incentivi complessivamente corrisposti nel corso dell’anno al singolo dipendente, anche da diverse amministrazioni, non possono superare il 50% del suo trattamento economico complessivo annuo lordo.

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La possibilità di aumentare la spesa di personale nelle società a controllo pubblico https://www.alessandromanetti.com/la-possibilita-di-aumentare-la-spesa-di-personale-delle-societa-in-controllo-pubblico/ Tue, 20 Nov 2018 14:26:06 +0000 https://www.alessandromanetti.com/?p=1564 In materia di gestione del personale, gli artt. 19 e 25 del TUSPP, come modificati ed integrati dal D.lgs. 100/2017, fissano particolari disposizioni a cui le società in controllo pubblico devono sottostare. Fra queste disposizioni, al fine di dare una risposta al quesito posto, rivestono particolare importanza le seguenti: 19, comma 5: “Le amministrazioni pubbliche […]

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I nuovi limiti alle spese per la formazione dei professionisti rappresentati da una lente d'ingrandimento che analizza un report di speseIn materia di gestione del personale, gli artt. 19 e 25 del TUSPP, come modificati ed integrati dal D.lgs. 100/2017, fissano particolari disposizioni a cui le società in controllo pubblico devono sottostare.

Fra queste disposizioni, al fine di dare una risposta al quesito posto, rivestono particolare importanza le seguenti:

  • 19, comma 5: “Le amministrazioni pubbliche socie fissano, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto stabilito all’articolo 25, ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera.”;
  • 19, comma 6: “Le società a controllo pubblico garantiscono il concreto perseguimento degli obiettivi di cui al comma 5 tramite propri provvedimenti da recepire, ove possibile, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello.”;
  • 19, comma 7: “I provvedimenti e i contratti di cui ai commi 5 e 6 sono pubblicati sul sito istituzionale della società e delle pubbliche amministrazioni socie. In caso di mancata o incompleta pubblicazione si applicano l’articolo 22, comma 4, 46 e 47, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.”;
  • 25, comma 4: “Fino al 30 giugno 2018, le società a controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo, con le modalità definite dal decreto di cui al comma 1, agli elenchi di cui ai commi 2 e 3. Il predetto divieto decorre dalla data di pubblicazione del decreto di cui al comma 1.”;
  • 25, comma 5: “Esclusivamente ove sia indispensabile personale con profilo infungibile inerente a specifiche competenze e lo stesso non sia disponibile negli elenchi di cui ai commi 2 e 3, le regioni, fino alla scadenza del termine di cui al comma 3, possono autorizzare, in deroga al divieto previsto dal comma 4, l’avvio delle procedure di assunzione ai sensi dell’articolo 19. Dopo la scadenza del suddetto termine, l’autorizzazione è accordata dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. Per le società controllate dallo Stato, prima e dopo la scadenza del suddetto termine, l’autorizzazione è accordata dal Ministero dell’economia e delle finanze.”.

La norma contenuta all’art. 19, comma 5 del TUSPP ripropone, modificandola in parte, la disciplina già prevista dall’art. 18, comma 2-bis del D.L. 112/2008 (norma oggi non più applicabile alle società in controllo pubblico, ma solo alle aziende speciali e alle istituzioni) e rappresenta un chiaro esempio della volontà del legislatore del Testo Unico di voler responsabilizzare maggiormente le Amministrazioni pubbliche socie, rispetto a quanto avveniva in passato.

La norma, infatti, pone a carico delle Amministrazioni pubbliche l’obbligo di fissare, con propri provvedimenti, gli obiettivi specifici, sia annuali che pluriennali, a cui le società devono tendere, con riferimento al complesso delle spese di funzionamento, fra cui vi rientrano anche quelle relative al personale.

Rispetto alla previgente disciplina di cui all’art. 18, comma 2-bis del D.L. 112/2008, la nuova norma impone alle Amministrazioni pubbliche socie l’onere di fissare degli obiettivi per le società in controllo pubblico sul complesso delle spese di funzionamento e, quindi, non solo con riferimento alle spese di personale, come disposto in precedenza. Inoltre, rispetto al passato non vi è più alcun obbligo di riduzione della spesa di personale; le Amministrazioni sono lasciate sostanzialmente libere, nell’ambito della propria autonomia – che per i Comuni è sancita all’art. 3 del TUEL – di scegliere gli obiettivi ritenuti più confacenti al caso di specie, anche prevedendo, ove ciò sia ritenuto necessario, un giustificato incremento di tali spese.

Nella fissazione degli obiettivi specifici le Amministrazioni pubbliche ([1]) devono tenere comunque conto:

  1. di quanto previsto al successivo art. 25, in tema di vincoli alle assunzioni a tempo indeterminato;
  2. delle disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale;
  3. delle peculiarità del settore in cui ciascuna società opera.

Ai fini dell’art. 19, comma 5, non assume alcun rilievo la tipologia di attività svolta dalla società a controllo pubblico; quindi, sia che essa svolga attività di gestione di servizi d’interesse (economico) generale o attività strumentali per l’Amministrazione pubblica, ovvero una delle altre tipologie di attività previste all’art. 4 del TUSPP, sarà comunque tenuta a perseguire gli obiettivi fissati dall’Amministrazione pubblica socia.

Preme in questa sede concentrare l’attenzione sull’onere per le Amministrazioni pubbliche di tenere conto, in sede di fissazione degli obiettivi specifici, delle disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale.

A tal fine, si ripercorre brevemente l’evoluzione normativa degli ultimi anni e l’evoluzione della posizione assunta dalla giurisprudenza in materia.

Come già anticipato, prima dell’entrata in vigore del TUSPP, la norma di riferimento in materia di limitazioni alla spesa di personale delle società a controllo pubblico era rappresentata dal comma 2-bis dell’art. 18 del D.L. 112/2008 ([2]).

L’ultima versione del comma 2-bis, il cui contenuto è stato in parte riproposto nell’art. 19, comma 5 del TUSPP, prevedeva che “Le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo si attengono al principio di riduzione dei costi del personale, attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni del personale. A tal fine l’ente controllante, con proprio atto di indirizzo, tenuto conto delle disposizioni che stabiliscono, a suo carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, definisce, per ciascuno dei soggetti di cui al precedente periodo, specifici criteri e modalità di attuazione del principio di contenimento dei costi del personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera”. Con l’introduzione di questa norma, il legislatore intese rimuovere dall’ordinamento la normativa che estendeva alle società in controllo pubblico gli stessi divieti e limitazioni alle assunzioni di personale imposti agli enti locali, rimettendo all’autonomia di questi ultimi l’emanazione di indirizzi cui le società erano tenute ad uniformarsi per conseguire obiettivi di riduzione dei costi del personale.

Sull’interpretazione del comma 2-bis si sono formate nel tempo due diverse correnti interpretative.

Da un lato, la Sezione Regionale di Controllo per la Toscana, con il parere n. 1/2015, relativamente ad una società “in house” affidataria diretta di un servizio di interesse economico generale, ha sostenuto la possibilità di poter derogare alle limitazioni previste per le assunzioni di personale in ragione della necessità di ampliare i servizi offerti alla collettività. La Sezione ha sostenuto che il comma 2-bis dell’art. 18 “nell’introdurre il principio di riduzione dei costi del personale, ne esplicita in via generale le modalità, definendo gli elementi significativi da prendere in considerazione, ferma restando l’autonomia dell’ente nel dettagliarle con proprio atto di indirizzo. […] A ciò si aggiunga che, a parte le deroghe tassativamente elencate nel medesimo articolo, il legislatore prevede la facoltà per l’ente di prendere in considerazione anche il “settore di operatività” delle varie società, introducendo così un ulteriore criterio discrezionale su cui l’ente locale è posto in grado di articolare il suo autonomo atto di indirizzo. Nella fattispecie, la raccolta rifiuti rientra certamente nel novero delle attività essenziali dell’ente poiché indirizzata a garantire l’igiene e la sanità pubblica. La peculiarità del servizio, con i suoi risvolti di utilità, è dunque tale da poter essere opportunamente considerata dall’ente richiedente in relazione all’inciso – “tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera” – di cui all’art. 4, comma 12-bis, s.l. n. 66/2014”.

Dall’altro lato, la Sezione regionale di controllo della Liguria, con la deliberazione del 9/10/2014, n. 55, ha sostenuto che in materia di personale “siccome le norme in questione non prevedono deroghe o eccezioni agli obblighi imposti, le direttive impartite dal Comune devono essere tali da assicurare il rispetto degli obiettivi di contenimento degli oneri, anche in relazione alle ipotesi in cui effetti sul piano occupazionale siano ricollegabili all’allargamento dei settori di intervento della società o, comunque, all’ampliamento delle relative attività […]”.

Con l’entrata in vigore del TUSPP, come già accennato, la disposizione contenuta al comma 2-bis dell’art. 18 del D.L. 112/2018 non è confluita integralmente nell’art. 19, comma 5, ma, in un primo momento, è stato espunto dall’enunciato normativo proprio l’inciso “tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera” che aveva portato la Sezione Regionale di Controllo della Toscana ad ammettere la possibilità di “deroghe” ai vincoli in materia di assunzione di personale basate proprio sulle peculiarità di ciascuna società.

Secondo la Sezione Regionale di Controllo per l’Abruzzo (deliberazione n. 252 del 21/12/2016) “l’omessa “riproduzione” nell’articolo 19, comma 5, Testo Unico, di quello specifico parametro di diritto positivo (il settore di intervento ed operatività della società partecipata) potrebbe finanche “suonare” quale scelta di interpretazione autentica che il legislatore delegato, nel sistematizzare la materia delle società partecipate, ha privilegiato tra opposte soluzioni interpretative e per come risultanti dal contrasto sopra rammentato.”. Pertanto, la Sezione abruzzese concludeva la propria disamina sostenendo che gli artt. 19 e 25 del TUSPP, nella formulazione vigente nel 2016, precludevano agli enti locali, in sede di adozione degli atti di indirizzo, la possibilità di derogare all’obbligo di contenimento delle spese di personale nelle società partecipate, anche nel caso in cui le stesse fossero tenute a svolgere nuovi ed ulteriori servizi.

Ma, contrariamente a quanto ritenuto dalla Sezione Regionale di Controllo per l’Abruzzo, molto probabilmente non si è trattato di una scelta consapevole, ma di una semplice dimenticanza del legislatore. Infatti, dal 27/06/2017, con l’entrata in vigore dell’art. 12, comma 1, let. a) del D.lgs. 100/2017, correttivo ed integrativo del TUSPP, l’inciso “tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera” è stato nuovamente riproposto all’interno dell’art. 19, comma 5.

Più recentemente, la Sezione Regionale di Controllo per la Liguria, nel parere n. 80 del 20/07/2017, modificando la posizione assunta nel 2014, ha sostenuto che “l’art. 19, comma 5, del testo unico, permette all’ente socio un approccio flessibile alla problematica assunzionale, posto che la norma non contiene richiami diretti alle norme di finanza pubblica che valgono per le spese, complessive ed individuali, del personale dipendente da enti pubblici (si pensi, per gli enti locali, all’obbligo di contenimento della spesa storica per il personale posto dall’art. 1, commi 557 e seguenti, della legge n. 296 del 2006) o per le relative assunzioni (si pensi, sempre per gli enti locali, a quelle contenute nell’art. 3, comma 5, del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito dalla legge n. 114 del 2014). Rimane ferma la responsabilità (anche, se del caso, erariale) di amministratori e dirigenti dell’ente pubblico in caso di emanazione di direttive non coerenti con il contratto di servizio, nonché degli amministratori e dei dirigenti della società controllata in caso di mancato recepimento nei propri atti interni e/o nella contrattazione integrativa di secondo livello delle azioni suggerite dall’ente socio.”.

Poche settimane fa la Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia, nella deliberazione n. 302/2018/PAR del 24/10/2018, rispondendo ad un Sindaco che chiedeva di sapere se un’eventuale assunzione programmata da parte di una società andasse ad incidere sulla capacità assunzionale del comune controllante, limitando le possibilità di assunzione di quest’ultimo, ha ulteriormente precisato che:

2.3. […] “La disposizione sopra richiamata [art. 19, comma 5 del TUSPP, n.d.r.], la cui precisa esegesi è stata di recente effettuata dalla Sezione di controllo Liguria di questa Corte (deliberazione n. 80/2017/PAR), infatti, nel porre in capo alle Amministrazioni partecipanti l’obbligo di fissare alle proprie società obiettivi specifici di contenimento anche delle spese di personale prevede, in particolare, che debbano tenere conto di quanto stabilito dall’articolo 25 TUSP, “ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale”. Ebbene, ad avviso della Sezione, quest’ultimo inciso non può che riferirsi a limitazioni alle assunzioni di personale relative alle predette società partecipate e non alle Amministrazioni partecipanti, venendo meno il possibile addentellato normativo su cui appare fondarsi l’interpretazione in esame.

2.4. Ne deriva, conseguentemente, che una società partecipata – nel rispetto delle direttive impartite dalle proprie amministrazioni partecipanti e degli specifici obblighi legislativamente previsti e, in particolare, da quanto statuito dal TUSP, anche per quanto attiene alle modalità attraverso cui procedere – può porre in essere assunzioni, senza che ciò possa intaccare la capacità assunzionale delle predette amministrazioni partecipanti.”.

Si può quindi ragionevolmente sostenere che, fermi restando futuri sviluppi interpretativi o interventi d’interpretazione autentica, le Amministrazioni pubbliche hanno oggi la possibilità di fissare per le proprie società in controllo pubblico obiettivi specifici, annuali e pluriennali, in materia di spese di funzionamento e di spese di personale, che tengano conto dei servizi prestati agli enti partecipanti o alla collettività di riferimento, in un’ottica di efficienza e di economie di scala. Sarà comunque necessario che, come sostenuto dalla Sezione Regionale di Controllo per la Liguria nel parere n. 80/2017 sopra citato, nella fissazione degli obiettivi le Amministrazioni pubbliche tengano conto che il semplice aumento dell’attività svolta dalla società e del fatturato non è da solo sufficiente a giustificare un incremento del personale, qualora quello in servizio presso la società dovese essere già ampiamente sufficiente ad espletare il maggior servizio.

In altri termini, in sede di fissazione degli obiettivi specifici di cui all’art 19, comma 5 del TUSPP, le Amministrazioni hanno contemporaneamente il diritto e l’onere di valutare se un eventuale incremento delle unità di personale impiegate e, quindi, del costo del personale da sostenere, produca un incremento più che proporzionale del valore dei servizi resi dalla società ai propri soci e/o alla collettività, sia in termini quantitativi che qualitativi.

([1]) Si ritiene che non vi siano dubbi che l’onere di tenere conto di quanto previsto al successivo art. 25 e delle disposizioni che stabiliscono divieti o limitazioni alle assunzioni di personale gravi sulle Amministrazioni pubbliche e non sulle società, in quanto la norma di riferimento per queste ultime in tema di divieti o limitazioni alle assunzioni di personale è proprio l’art. 25 in commento. Di diverso avviso la Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia che, come vedremo meglio in seguito, nella deliberazione n. 302/2018/PAR del 24/10/2018, ha sostenuto che l’inciso “ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale” si riferisce alle società e non alle Amministrazioni pubbliche.

([2]) La norma è stata introdotta dall’art. 19, comma 1, D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, e sostituito dall’art. 1, comma 557, L. 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1° gennaio 2014 e, successivamente, dall’art. 4, comma 12-bis, D.L. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2014, n.  89.  Infine, il presente comma è stato modificato dall’art. 3, comma 5-quinquies, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, e dall’art. 27, comma 1, lett. b), D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175.

 

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I limiti alle assunzioni di personale nelle società in controllo pubblico https://www.alessandromanetti.com/gli-elenchi-del-personale-in-esubero-delle-societa-in-controllo-pubblico/ Mon, 08 Jan 2018 13:34:32 +0000 http://www.alessandromanetti.com/?p=1517 Con la pubblicazione del decreto 9 novembre 2017 nella G.U. n. 299 del 23/12/2017 – Serie Generale, si è interrotta per le società in controllo pubblico la possibilità di effettuare liberamente assunzioni a tempo indeterminato, previa procedura di selezione ad evidenza pubblica, ed è invece scattato l’obbligo di attingere i nominativi da assumere dall’elenco del […]

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Con la pubblicazione del decreto 9 novembre 2017 nella G.U. n. 299 del 23/12/2017 – Serie Generale, si è interrotta per le società in controllo pubblico la possibilità di effettuare liberamente assunzioni a tempo indeterminato, previa procedura di selezione ad evidenza pubblica, ed è invece scattato l’obbligo di attingere i nominativi da assumere dall’elenco del personale in esubero che sarà formato dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano.

Ma andiamo con ordine.

L’art. 25, comma 1, del D.Lgs. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) stabilisce che entro il 30 settembre 2017 le società a controllo pubblico avrebbero dovuto effettuare una ricognizione del personale in servizio, al fine di individuare eventuali eccedenze, anche in relazione alle scelte effettuate dalle Amministrazioni pubbliche controllanti ai sensi dell’art. 24 (mantenimento della partecipazione, cessione, ovvero scioglimento e messa in liquidazione della società). Sarebbe stato opportuno che le società avessero formalizzato gli esiti, positivi o negativi, della ricognizione attraverso l’adozione di una deliberazione dell’organo amministrativo. In caso di esito positivo (presenza di personale eccedente rispetto alle effettive esigenze), l’art. 25 prevede che l’elenco del personale, con la puntuale indicazione dei profili posseduti, deve essere trasmesso alla Regione di competenza, che ha l’onere di formare e gestire l’elenco degli esuberi per sei mesi, agevolando processi di mobilità in ambito regionale. Decorsi sei mesi, l’elenco del personale non ricollocato passerà in gestione all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal) e, conseguentemente, la possibilità di ricollocamento si sposterà dal livello regionale a quello nazionale.

Per agevolare il ricollocamento del personale dichiarato in esubero al comma 4 dell’art. 25 del T.U. è previsto che fino al 30 giugno 2018 (termine che verrà verosimilmente prorogato) le società a controllo pubblico possono effettuare assunzioni a tempo indeterminato solo attingendo i nominativi dall’elenco del personale in esubero gestito dalla Regione di competenza. La violazione di questa disposizione comporta la nullità dei rapporti di lavoro instaurati e costituisce una grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409 del Codice Civile.

L’art. 16, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 100/2017 ha modificato l’art. 25 del T.U., prevedendo che il suddetto obbligo decorre dalla data di pubblicazione del decreto con cui dovevano essere stabilite le modalità di formazione dell’elenco degli esuberi (previsto al comma 1 dell’art. 25), decreto che è stato pubblicato prima di Natale sulla G.U. del 23/12/2017. Quindi, fino a tale data le società in controllo pubblico hanno potuto effettuare liberamente le assunzioni del personale necessario, sia a tempo determinato, che indeterminato, previa adozione di un provvedimento (verosimilmente un regolamento, da pubblicare obbligatoriamente sul sito internet della società) che garantisca che la selezione dei candidati avvenga nel rispetto dei princìpi stabiliti dall’art. 19, comma 2, del T.U.. Dopo tale data, invece, le società in controllo pubblico potranno effettuare l’assunzione del personale a tempo indeterminato solo attingendo i nominativi dall’elenco regionale degli esuberi, mentre nulla cambia per le assunzioni a tempo determinato, che rimangono svincolate dall’elenco.

Nel caso in cui le società abbiano necessità di effettuare l’assunzione a tempo indeterminato di personale con profilo infungibile inerente a specifiche competenze e lo stesso non sia disponibile nell’elenco regionale, le stesse possono essere autorizzate dalla Regione di competenza e, successivamente, dall’Anpal, ad effettuare procedure di assunzione proprie.

E’ chiaro che il procedimento ideato dal legislatore ha come primo effetto immediato quello di bloccare le assunzioni a tempo indeterminato da parte delle società in controllo pubblico e, più in generale, effetti contrattivi sulla spesa per il personale. Infatti, il decreto del 9 novembre 2017 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, emanato di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e il Ministro dell’economia e delle finanze, è stato pubblicato solo in data 23 dicembre 2017 ed è quindi entrato in vigore da tale data. Pertanto, è ragionevole aspettarsi che trascorreranno alcuni mesi prima che l’Anpal comunichi le modalità di gestione dei dati e le Regioni riescano a formare l’elenco del personale in esubero. Di conseguenza, alle società che hanno necessità di effettuare assunzioni per garantire la continuità dei servizi non rimarrà altro che aspettare, oppure, nell’attesa, procedere con assunzioni a tempo determinato. Tuttavia, deve essere tenuto presente che anche questi tipi di assunzioni sono soggette a limitazioni: il D.Lgs. 81/2015 (il c.d. “jobs act”), oltre a prevedere una durata che non può superare 36 mesi complessivi, stabilisce che i contratti a tempo determinato possono essere stipulati nel limite del 20% delle assunzioni a tempo indeterminato esistenti al 1° gennaio (salvo si tratti di assunzioni necessarie per svolgere nuove attività), limite che può essere aumentato fino al 30% dalla contrattazione collettiva.

L’art. 2 del decreto del 9 novembre scorso stabilisce che, al fine di consentire la formazione degli elenchi degli esuberi, le società in controllo pubblico:

  • entro il 29 novembre 2017: avrebbero dovuto individuare e dichiarare le eccedenze di personale;
  • entro il 10 dicembre 2017: le società che hanno personale in eccedenza avrebbero dovuto darne comunicazione preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali (ovvero, in caso di loro assenza, alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale) e alle rispettive associazioni di categoria;
  • entro il 20 dicembre 2017: le società a controllo pubblico, previa acquisizione del consenso del lavoratore al trattamento dei suoi dati personali, avrebbero dovuto inviare alla Regione competente, tramite del sistema informativo unitario e con le specifiche tecniche definite dall’Anpal, i dati relativi ai lavoratori eccedenti (generalità, dati del contatto, data di assunzione, tipologia contrattuale, contratto collettivo applicato, categoria, qualifica e livello di inquadramento, esperienza professionale, istruzione e formazione, competenze linguistiche, competenze digitali, competenze comunicative, competenze gestionali e organizzative, altre competenze, patenti e abilitazioni professionali per la guida, nonché i motivi che hanno determinato la situazione di eccedenza).

Si tratta ovviamente di termini già scaduti alla data di pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 23 dicembre scorso, che dimostra ancora una volta – come se ciò fosse ancora necessario – i paradossi del sistema legislativo italiano.

Paradossale anche il ruolo attribuito alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano che, a fini di monitoraggio, entro il prossimo 15 gennaio 2018 dovranno trasmettere all’Anpal, in forma aggregata, parte dei suddetti dati dei lavoratori eccedenti (che molto probabilmente non hanno ancora), mentre tale Agenzia subentrerà nella gestione degli elenchi a partire dal 31 marzo 2018.

Secondo l’art. 3 del nuovo decreto il diritto dei lavoratori a rimanere iscritti nell’elenco degli esuberi viene meno se cessa il rapporto di lavoro con la società a controllo pubblico, ad eccezione del caso in cui i lavoratori siano cessati per licenziamento per giustificato motivo oggettivo non inerente la propria persona o nell’ambito di un licenziamento collettivo. In questi ultimi due casi, i lavoratori verranno cancellati dall’elenco solo se vengono successivamente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata superiore a sei mesi.

Le modalità con cui le società in controllo pubblico attingeranno i nominativi del personale dagli elenchi dei lavoratori eccedenti saranno definite dall’Anpal, nell’apposita sezione del suo sito istituzionale.

In conclusione, si rileva che ci troviamo di fronte al solito pasticcio all’italiana, nel quale sono stati fissati obiettivi temporali troppo ambiziosi, che non hanno fatto i conti con i tempi tecnici necessari per la pubblicazione del decreto e che daranno il via, come sempre, ad un turbinio di proroghe, generando il consueto smarrimento fra gli addetti ai lavori e la sensazione di avere compiuto l’ennesimo sforzo inutile. Si è persa così un’altra occasione per fare qualcosa di buono.

L'articolo I limiti alle assunzioni di personale nelle società in controllo pubblico proviene da Alessandro Manetti - Dottore Commercialista e Revisore Legale.

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